Sognavo di fare il medico….riflessioni di un professionista

Come è cambiato, in peggio, il rapporto con il paziente

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    di Benedetto Caroleo

    Sognavo di fare il medico…….

    Era il lontano 1987 quando conseguii il titolo necessario per realizzare il sogno di una difficile adolescenza; una promessa da mantenere costata immensi sacrifici.

    Il sogno, con difficoltà, divenne realtà nei posti dove esistono gli ammalati più emarginati; è stato tutto bellissimo e cominciai a credere che quel sogno divenuto realtà, potesse andare avanti, realizzandosi anche in una certa branca della medicina che mi consentisse di essere un tutt’uno con la clinica; ma i sogni hanno delle strane trame e a volte riservano delle sorprese, anzi quasi dei colpi di scena.

    Però tutto è tollerabile per chi è, come dicevo, un tutt’uno con la clinica.

    Oggi mi sto svegliando, e come accade per i sogni, si rammentano solo alcune cose, di altre se ne ha un ricordo offuscato, altre cose ancora si dimenticano. Il dramma è quando ti svegli, abbandoni il sogno e ti trovi protagonista di un incubo; quando vorresti continuare a sognare di essere medico, cioè un capace  ascoltatore del sintomo e un esperto  archeologo del segno, invece scopri che hai subito una metamorfosi passando attraverso una fase anfibia clinico-burocratica; è allora che quando nell’incubo compare il paziente, non sai più ascoltare  e la tua prima domanda è: avete la tessera sanitaria? La seconda: possedete un codice di esenzione del ticket? La terza: siete residente in Regione? La quarta:……

    Sono lontani i tempi in cui gli si chiedeva: cosa vi fa soffrire o anche semplicemente quali sintomi accusate? E si, perché la sofferenza è un’altra cosa; non interessa più alla medicina moderna fatta di DRG, di SDO, di Budgeting e sistema premiante, di Appropriatezza, di…….. .

    Dicevamo, il paziente entra nello studio e dopo le suddette domande, l’incubo prosegue; l’interlocutore del medico diviene prima il Ministero dell’Economia e delle Finanze per la redazione della ricetta dematerializzata; il dialogo è tra un muto e un monotematico che dice sempre: attendere. Il secondo interlocutore è il Ministero della Salute, per compilare il Piano Terapeutico; di nuovo gli interlocutori sono un muto che a volte parla solo per imprecare, e un, ancora una volta, attendere; il tutto intermediato da un mouse. L’incubo si conclude con la compilazione delle schede per farmaci diffusissimi ma per i quali è necessario compilare tonnellate di carte. Alla fine, il medico non è cresciuto nella sua reale dimensione ed al paziente, di quella presenza burocratica non è rimasto niente; al massimo qualche raccomandazione sull’aderenza, non tanto per ottenere l’efficacia della terapia, quanto invece per non sprecare dei farmaci che costano troppo; e si, perché nel frattempo, nella metamorfosi che va avanti, da burocrati cominciamo a diventare ragionieri. Ma la visita? Beh, si ricomincia a sognare.

    Sognavo di fare il medico………..

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