Caminia e quei terreni a valle della ferrovia: Tar dà ragione al comune di Stalettì

Oggetto della controversia è quanto richiesto ai privati, vale a dire: rilasciare gli appezzamenti di terreno siti in località Panaja Caminia del Comune di Stalettì. Ricorsi tutti respinti

Dodici ricorsi. Tutti respinti. Perché per il Tar ha ragione il Comune. Quello di Stalettì. Chiamato da alcuni cittadini a rispondere davanti ai giudici amministrativi che chiedevano l’annullamento dell’ordinanza di ingiunzione di sgombero d’area demaniale adottata dal Comune il 7 febbraio 2019. Con lo stesso atto veniva richiesto l’annullamento della nota del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e il verbale di operazioni compiute redatto dalla Guardia Costiera Soverato, oltre che la condanna dell’amministrazione al risarcimento dei danni.

Oggetto della controversia è quanto richiesto ai privati, vale a dire: rilasciare gli appezzamenti di terreno siti in località Panaja Caminia del Comune di Stalettì, a valle del tracciato ferroviario della linea Taranto-Reggio Calabria. L’ordinanza, finita nel mirino, precisava che “le opere risultano realizzate in assenza dei necessari titoli autorizzativi su area individuata secondo il P.R.G. vigente come Zona di riqualificazione del litorale; l’area interessata dai lavori risulta sottoposta a vincolo di tutela paesaggistica ai sensi del D. lgs 42/2004… nonché a vincolo idrogeologico ai sensi dell’art. 1… Legge Forestale 30 dicembre 1923 n° 3267”.

“I ricorrenti – si legge nel dispositivo – dal canto loro,  hanno rilevato che il Comune di Stalettì, fin dai primi anni ’60, ha adottato una serie di atti, con i quali ha invitato i cittadini ad occupare una porzione di fondo di proprietà comunale posta a valle della ferrovia, compresa tra linea ferrata e la spiaggia, provvedimenti idonei ad ingenerare nei destinatari il ragionevole e legittimo convincimento di poter costruire su tale area -oggetto poi di contestazione-, usufruendo altresì di tutti i servizi necessari -fognatura, idrico, raccolta rifiuti- appositamente implementati dal medesimo Ente nella descritta zona, dietro regolare pagamento allo stesso dei relativi oneri. Riferiscono, ancora, che in relazione agli immobili insistenti nella zona di Caminia si sono svolti molteplici processi penali per il reato di occupazione abusiva di area demaniale marittima ex artt. 54 e 1161 cod. nav., tutti definiti con l’assoluzione degli imputati. Nel tempo, sono anche insorti conflitti tra l’amministrazione statale e l’Ente territoriale circa la natura demaniale della predetta area, ciascuno asserendo la titolarità del diritto di proprietà esclusiva sulla stessa e nel 2016 il medesimo Comune di Stalettì, invitato dalla Regione Calabria a inviare i dati concernenti la ricognizione della fascia costiera, ha trasmesso la revisione organica delle zone demaniali marittime, nelle quali non risulta inserita l’area oggetto dell’ordinanza di sgombero, con ciò confermando quanto da sempre sostenuto dallo stesso Ente, ossia che tale area non fa parte del demanio marittimo”.

Per i giudici amministrativi, tra le altre cose, “non vi è alcun dubbio sull’appartenenza pubblicistica dell’area. Il titolo, infatti, è conteso unicamente tra lo Stato e il Comune, mentre i privati non vi hanno mai acquisito diritti reali. Ciò è evincibile anche dalla circostanza che il Comune di Stalettì autorizzò l’occupazione del suolo in attesa di procedere a lottizzazione e a cessione a titolo oneroso ai privati, cessione che però non ha mai avuto luogo a causa delle dispute insorte con l’amministrazione statale. Il bando pubblico n. 4/1964 emanato dal Comune di Stalettì conteneva infatti l’invito a occupare, anche con costruzioni, l’area in oggetto in attesa di procedere alla lottizzazione e alla cessione a titolo oneroso dei suoli risultanti. Si deve tuttavia escludere che tale invito costituisca un titolo edilizio. Innanzitutto, esso non è stato emesso ad personam, bensì rivolto genericamente alla collettività e senza alcuna indicazione delle caratteristiche delle eventuali costruzioni. Inoltre, è stato emesso prima ancora che i suoli venissero resi edificabili mediante lottizzazione, cui peraltro non si è mai pervenuti. L’estrema evanescenza dell’invito e la sua anteriorità rispetto alla lottizzazione e alla cessione dei terreni ai privati impediscono di riconoscere al bando del 1964 natura di titolo edilizio -legittimo o illegittimo che sia- e portano, di conseguenza, a escludere che i privati potessero riporre su di esso alcun legittimo affidamento circa la regolarità delle edificazioni, e ciò a prescindere dell’eventuale ritardo con cui l’amministrazione abbia emanato il provvedimento avversato (Cons. Stato, Sez. VI, 4.10.2019, n. 6720).  Si aggiunga, da ultimo, che l’ordinanza impugnata dà atto dell’insistenza, sull’area, di vincoli paesaggistici e idrogeologici, rispetto ai quali non risultano esser state presentate domande di sanatoria o ottenute sanatorie”.