Lascia per limiti d’età il direttore Colacino. E con lui gli ultimi amministrativi

Nebbia sul futuro immediato dell’importantissima istituzione culturale, con sede in bilico e personale praticamente sotto zero

Oggi va in pensione il direttore dell’Archivio di Stato di Catanzaro, Luigi Colacino. Ci sono da fare gli auguri per il nuovo inizio a un alacre e fedelissimo funzionario dello Stato, entrato nei ranghi del Ministero dei Beni culturali nel 1979 e progredito ininterrottamente gradino su gradino nella carriera interna. Non ha atto in tempo ad aprire al pubblico l’ultima fatica alla quale si è adoperato, oltre alle incombenze di ufficio già di per sé gravose. Colacino avrebbe voluto mettere una mostra documentale dedicata ai “Ruoli matricolari” catanzaresi, una ricca messe di reperti cartacei e fotografici dedicati alle personalità militari alle quali, tra l’altro, sono dedicate un gran numero di vie e strade cittadine. È un’idea, comunque, che lascia in eredità a chi vorrà e dovrà sostituirlo.

Ma c’è da dare uno sguardo preoccupato alle sorti di questa importantissima cellula della vita comune, il riposto della memoria collettiva di Catanzaro e provincia che da domani si ritrova senza direttore e senza altri due dipendenti amministrativi anche loro in quiescenza per raggiunti limiti d’età e maturazione dei diritti pensionistici. Poco male, si potrebbe un po’ cinicamente osservare. Per un direttore che va, un altro arriva. Per due posti di lavoro che si liberano, due occasioni in più per le nuove leve. Questo normalmente, ovvero questo è normale in un Paese normale. Ma da quand’è che tutti aspiriamo proprio a questo, vivere in un Paese normale? Era un titolo di Walter Veltroni, se non ricordiamo male. E dovrebbe ricordarlo anche il ministro dei Beni culturali, suo compagno di militanza, Dario Franceschini. Ma forse era distratto dalle vicende quirinalizie.

Infatti, il cronista che qui riporta queste scarne informazioni, non è per nulla convinto, né ha potuto trovare conferma sull’eventualità che domani avvengano gli avvicendamenti ampiamente prevedibili e auspicabilmente programmabili. Non solo. Rimangono a disposizione della sede catanzarese dell’Archivio solo tre assistenti alla vigilanza, personale che ovviamente sa benissimo come muoversi tra scaffali e faldoni ma non ha la qualifica di archivista, così come uno solo di questi dipendenti di seconda area non specializzati è dislocato nella sede di Lamezia Terme. Intorno a loro attualmente c’è il deserto. Non c’è in organico nessun amministrativo. Insomma, per un’istituzione altamente culturale e per di più funzionalmente aperta alla parte più curiosa della cittadinanza, non è una bella prospettiva, da qui a un indistinto futuro. Pensare che c’è stato un tempo, non troppo lontano da questi anni difficili, nel quale il personale dell’Archivio, e in genere dei Beni culturali, era finanche in eccesso rispetto al bisogno, tanto che a un certo punto fu deciso di distribuire l’esubero in altre parti dell’apparato statale. Poi è arrivato il tempo dell’utilitarismo spinto, quello secondo il quale con la cultura non si mangia, e figurati se ci si può lavorare.

L’Archivio di Catanzaro, poi, ha la sua storia a parte. Storia e geografia. E topografia. Attualmente ospitato in una antica struttura di proprietà provinciale, si trova nella situazione dell’inquilino già sfrattato ma mantenuto in loco per la cortesia dei nuovi locatari e la beneficienza dei proprietari. La Provincia, infatti, ha già assegnato in comodato gratuito i locali alla Guardia di Finanza, il cui comando regionale si apre proprio nella comune piazza del Rosario.

L’Archivio è in attesa di potersi trasferire nei nuovi spazi della rinnovata struttura dell’ex Mattatoio di via Milelli, un evento rinviato di mese in mese, di anno in anno. Pare che ultimamente ci siano segni di effettivo recupero dei tempi, con l’arrivo di nuove e capaci scaffalature, in grado di assorbire non soli i depositi attuali dei documenti ma anche di accogliere la messe dei nuovi lasciti che le altre amministrazioni dello Stato negli ultimi anni non hanno “versato”. La pratica edilizia è di competenza della Direzione regionale dei Beni culturali, e, considerato che una volta finiti i lavori, ancora in via di rifiniture tecniche e accessorie, saranno necessarie le procedure di collaudo e abitabilità, è prevedibile una non imminente trasferimento. A parte questo, permane il grave problema del personale, al quale per lungo periodo ha sopperito l’apporto di volontari e tirocinanti, che hanno svolto un encomiabile lavoro di sussidio e sostituzione. Ma anche loro, nel frattempo, subiscono l’inclemente sorte riservata ai precari: terminato il tirocinio, sono in attesa di rinnovo che non si sa se ami arriverà. La pratica Archivio, insomma, è aperta. Non è dato sapere quando sarà archiviata.