Suicidi e atti autolesionismo in carcere, Giacobbe: dati sempre più preoccupanti

L'analisi del garante dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale

Sono trascorsi ormai quattro mesi dall’appello “Sui suicidi in carcere servono interventi urgenti” con cui il Presidente della Repubblica invitava la classe politica del nostro Paese ad adottare, con urgenza, misure immediate per allentare il clima di tensione che si respira nelle carceri italiane, causato principalmente dal sovraffollamento, dalla carenza di personale e dall’inefficienza dell’assistenza sanitaria intramuraria e dalle Circolari del DAP sul trattamento penitenziario.

Messaggio ribadito anche recentemente, quando il Presidente della Repubblica, condividendo con l’opinione pubblica la lettera del detenuti del carcere Canton Mombello di Brescia (il secondo carcere più sovraffollato d’Italia), ha affermato: “la descrizione è straziante. Condizioni angosciose agli occhi di chiunque abbia sensibilità e coscienza. Indecorose per un Paese civile, qual’è – e deve essere – l’ltalia. II carcere non può essere il luogo in cui si perde ogni speranza, non va trasformato in palestra criminale”.

Il Garante comunale di Catanzaro evidenzia che con amarezza e grande preoccupazione la Conferenza nazionale dei Garanti territoriali si trova a constatare, ancora una volta, la sostanziale indifferenza della politica rispetto all’acuirsi dello stato di sofferenza delle persone detenute, rispetto al peggioramento delle
condizioni di vivibilità nelle carceri italiane che, lungi dal consentire “quell’inveramento del volto costituzionale della pena”, continuano a tradire i basilari principi costituzionali, europei e internazionali, su cui regge
lo Stato di diritto e a umiliare, quotidianamente, la dignità umana delle persone ristrette.

Nell’inerzia delle Istituzioni, si sta allungando l’elenco delle persone detenute che, da gennaio 2024 ad oggi, si sono tolte la vita: sono 66 le persone suicide di cui uno all’interno del Cpr di Ponte Galeria, a cui è doveroso aggiungere il numero dei 7 agenti di polizia penitenziaria che, nello stesso arco di tempo, pure hanno deciso di togliersi la vita.

Altrettanto preoccupante è l’aumento dei casi di autolesionismo e il dilagare di fenomeni di violenza e di tortura che si consumano nelle carceri italiane.

Così come allarmanti sono i casi di proteste, anche violente, che, in conseguenza delle condizioni di detenzione che ledono la dignità umana, si stanno registrando in diversi Istituti Italiani,

Luoghi comuni, etichette e stereotipi impediscono di vedere la reale dimensione del fenomeno.

Cosa che, allo stato, non è, in primis per effetto del preoccupante indice di sovraffollamento che, ad oggi, è arrivato ad essere pari al 130%.

I detenuti, infatti, ad oggi, sono 61.480 a fronte di una capienza effettiva ammontante a 47.300 posti disponibili.

Se si analizzano i dati per singoli contesti regionali, si evince poi che ci sono contesti in cui tale indice è nettamente superiore al 150% (Puglia 169,7%; Basilicata 160,2%; Lombardia 153,5%; Veneto 152,3%). Sconfortanti sono anche i dati ricavabili da un’analisi, non solo quantitativa, ma qualitativa della popolazione detentiva italiana. Considerando la posizione giuridica delle persone detenute, appare sconcertante sapere che: 41.529 sono le persone che stanno scontando una pena detentiva; 7.027 sono le persone che devono scontare meno di un anno di carcere; 21.075 sono le persone che stanno scontando un residuo di pena da 0 a 3 anni; 19.951 sono le persone la cui condanna non è ancora definitiva, di cui circa 9.500 sono in attesa di primo giudizio. Dati allarmanti, conseguenti anche a scelte di politica penale che, in un’ottica puramente repressiva e securitaria, hanno portato all’introduzione di nuove fattispecie di reato, all’innalzamento della durata di pene detentive per alcune fattispecie di reato, all’inasprimento dell’applicazione di misure cautelari, anche per reati di lieve entità.

La Conferenza nazionale del Garanti territoriali, dunque, non può che esprimere la propria preoccupazione per ciò che sta succedendo e per ciò che potrebbe accadere di drammatico in questa calda estate in cui, presso gli Istituti di pena, sono sospese molte attività ricreative, scolastiche, universitarie e/o di risocializzazione e si riduce la presenza del personale, in ragione del piano ferie. A fronte di tutto ciò, ritengo che le misure contenute nel recente Decreto-Legge n. 92 del 4 luglio 2024 recante «.Misure urgenti in materia penitenziaria, di giustizia civile e penale e di personate del Ministero della Giustizia», nonchè le modifiche ad esso apportate dal Senato in sede di conversione risultino inadeguate rispetto alle proporzioni dell’emergenza carceraria. Ritengo che il recente Decreto-Legge presenta diverse criticità. La più evidente riguarda la qualità e il carattere della normativa da poco introdotta, la quale, oltre ad avere carattere eterogeneo, non è immediatamente applicabile e, dunque, non è in grado di rispondere prontamente ad una vera e propria emergenza.

La Conferenza nazionale del Garanti territoriali è consapevole che tale misura, da sola, non basta a migliorare nell’immediato le condizioni di vivibilità delle carceri italiane. E’ necessario superare concretamente la visione carcero-centrica del sistema di esecuzione penale e far sì che la detenzione in carcere sia davvero una extrema ratio, rendendo più snello e veloce il procedimento volto a garantire l’accesso alle misure alternative ai detenuti che, tra quei circa 30 mila che stanno scontando una pena o un residua di pena inferiore ai tre anni, si trovano nelle condizioni di potervi accedere.

Il carcere deve essere un luogo di riscatto, di speranza e di rieducazione, per questo sono necessarie più risorse per contrastare la povertà sociale, economica e culturale che dilaga specie nella sezione della media sicurezza a partire da maggiori incentivi economici per favorire il lavoro intramurario; investire in importanti opere di ristrutturazione degli Istittuti penitenziari per migliorare le condizioni di abitabilità e igienico-sanitarie degli stessi ambienti; assumere più personale esperto nel prevenire e gestire il disagio psicologico troppo diffuso in carcere, che rischia di sfociare in gesti di autolesionismo, aggressione al personale penitenziario o ad altri detenuti e, ancor peggio, nella decisione di togliersi la vita. Ed ancora, si dovrebbe incominciare a valutare d’introdurre il numero chiuso nelle carceri.

Come già affermato in diverse occasioni pubbliche, indignarsi non basta più.

Ritengo che non sia più rinviabile 1’adozione di soluzioni giuridiche che siano in grado di impattare nell’immediato sulle drammatiche condizioni detentive e di ridare, a più di 60 mila persone, speranza e dignità, prima che sia troppo tardi.

Luciano Giacobbe

Garante dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale