Libri, l’ultimo lavoro di Matteo Cosenza presentato sulla Terrazza Saliceti

Nuovo appuntamento culturale inserito nell'ambito de l'Estate in Terrazza alla presenza dell'autore di Franco Cimino, del giornalista Ottavio Rossani, e della “cantastorie” Francesca Prestia

Ancora un appuntamento culturale per la programmazione di “Estate in terrazza”, che ha avuto luogo nella serata di ieri, nell’oramai consueta location della “Terrazza Matteo Saliceti” nel quartiere marinaro del capoluogo. Questa volta la presentazione, sempre con l’apporto di Nunzio Belcaro della Ubik di Catanzaro, è rivolta ad un interessante volume: “ Casomai avessi dimenticato” (edito da Rogiosi) di Matteo Cosenza. Cosenza, giornalista e scrittore, nativo di Castellamare di Stabia, ha collaborato con importanti testate giornalistiche, quali “Paese Sera” (per la redazione napoletana), “La Voce della Campania”, “Il Mattino”, “Il Quotidiano della Calabria” ed ora è editorialista de “Il Corriere del Mezzogiorno”. Due importanti “aspetti” caratterizzarono la sua carriera, ove si affacciarono l’impegno politico e quello giornalistico. Quest’ultimo fu a prevalere, anche se l’immagine della politica lo ha sempre accompagnato. In questa sua ultima opera, si evidenzia un percorso autobiografico, dove racconta della sua lunga attività. Un’attività, che, come accade per ogni giornalista, è anche caratterizzata da “carte” e “appunti”.

Presenti alla serata, oltre all’autore Matteo Cosenza, il giornalista e scrittore, Franco Cimino, Ottavio Rossani, giornalista e la “cantastorie” Francesca Prestia. L’apertura della serata, è stata contraddistinta proprio dalla singolare voce della Prestia, che ha emozionato il pubblico interpretando “La ballata di Lea”, una canzone certamente di denuncia e di protesta, ma anche un canto d’amore verso la famiglia e la donna. Un brano che nasce dopo la pubblicazione di un editoriale di Matteo Cosenza, sulla morte di Lea Garofalo. Ma è con Franco Cimino che si entra nel vivo del dibattito, seguito da un pubblico numeroso e attento. Cimino, esalta le note qualità dello scrittore, ma ugualmente pone degli interrogativi sul desiderio che potrebbe nascere in ognuno di noi nel voler scrivere un libro. Ne sottolinea, infatti, le molteplici motivazioni, che possono essere ovviamente diverse, e ancora sottolinea quanto “leggere, migliori la vita” e soprattutto quanto “scrivere, salvi la vita”.

Dei concetti che ben si legano all’opera di Matteo Cosenza, un grande giornalista e scrittore di numerosi libri, come precisa ancora Cimino, considerando così la sua opera:” E’ un‘opera snella – dichiara – ove in primis mi colpisce il titolo. Un titolo quasi intrigante, che suscita molta curiosità. Ma, nel suo complesso, non posso che paragonare il libro ad un “piccolo scrigno”, tuttavia con “grandi” contenuti. Nel libro, infatti, egli racconta della sua giovinezza, della sua famiglia, delle figure dominanti di essa, i ritratti  degli amici, ma anche dei suoi “nemici”, che comunque tratta con cura. C’è la politica e il giornalismo, che se pur contrapposti stanno bene insieme, e, ancora, vicende individuali e collettive, si ritrova Enrico Berlinguer e Napolitano, Bassolino e Mancini, loro come tanti altri, quindi numerosi esponenti di grande rilievo. Ma, soprattutto, c’è il “giovane ribelle”, si perché Matteo è un giovane ribelle, un giovane oppositore, ma rispettoso delle dinamiche interne, con la sua ricerca della democrazia e della libertà”.

Una breve lettura di un brano del libro da parte dell’autore, esattamente “Fuga a Torino”, dà l’avvio all’intervento del giornalista Ottavio Rossani:” Il brano letto – afferma – s’inserisce nel momento in cui egli decise di lasciare la famiglia e andare a Torino, quasi un atto di “ribellione”, ma nello stesso tempo di profonda maturazione. Una “fuga”, che tuttora rivedo nei giovani di oggi, un quadro che è rimasto quanto mai attuale”. “Ma, questa, è solo una delle “avventure” dell’amico Matteo – continua Rossani – di cui la sua vita è piena. Ora, la sua autobiografia, che cerca di chiarire quanto il giornalismo non sia di forma facile e divertente, si può senz’altro definire una “forma di romanzo”, un romanzo di vita vissuta. Nella sua narrazione, c’è sempre un personaggio che vive una “negatività”, ma sarà sempre accompagnata da una soluzione”. Ancora un breve intervento di Franco Cimino, sottolinea quanto sia importante la “memoria individuale”, una memoria che è quasi simbolo della bellezza della vita, allorquando ciò che è “nostro” viene trasmesso a qualcuno.

Da qui, l’autore prende spunto e conclude l’interessante incontro con le sue sensazioni e, soprattutto, dà spiegazione di come sia nato il libro: “ L‘input è stato dato da un trasloco, ove rimaneggiando tutte le mie “carte” e “appunti”, selezionando tutto il materiale in mio possesso, mi sono reso conto di quanto tutte queste storie avessero una valenza collettiva, sebbene rappresentassero parte della mia vita. La carta, dunque, che sembra oramai quasi fuori moda, rimane per me importante, rimango a lei fedele, nonostante l’avvento della tecnologia. Associo alla carta, il valore della “parola”, sulla quale è stato costruito il lavoro della mia vita”.

“ Il libro – continua ancora – che ovviamente spero piaccia a tutti i lettori, è una raccolta quasi “romanzata”, una sorta di “memorie” che ho dedicato ai miei due nipotini Simone e Andrea. E’ a loro che affido l’esperienza di una generazione che ha vissuto successi, ma ugualmente sconfitte”. Aggiunge alcune parti del libro, citando in un capitolo Ruggero Zangrandi, giornalista e scrittore storico, con il quale si trovò ad interagire in un particolare momento che lo vedeva protagonista in un delicato processo e, nelle sue epistolari comunicazioni, con un confronto quasi alla pari, Zangrandi non avrebbe mai immaginato che il suo interlocutore fosse un ragazzo di sedici anni. Infine, parla della Calabria, dell’assonanza creatasi fra lui e questa regione. Ed è nel suo giornale che egli riporta quanto di “negativo” vi poteva accadere, tuttavia sempre con un “taglio” posto al positivo. Episodi caratterizzati dalla denuncia, forte e vibrante, ma con la subitanea presa “dell’iniziativa” ed è su questo, che i calabresi dovrebbero maggiormente fare leva, cercando con impegno di ricostruire quella “cattiva percezione” che fuori hanno della Calabria. Nella sua autobiografia, Matteo Cosenza edifica una memoria collettiva, che possa far vivere meglio il presente in virtù di un futuro migliore, soprattutto in questo sud che ama tantissimo e che fa di lui un “meridionale orgoglioso e fiero”.

Una poesia, dedicata alla poetessa greca “Nosside” e declamata da Francesca Prestia, conclude una serata particolare, densa di emozioni date da un racconto di “memorie”, rese palpabili dall’unione di sentimenti e storie vissute.