Dalle parole scritte sui pezzi di stoffa di nascosto al libro, Zaki racconta e si racconta

Lo studente egiziano liberato dal Governo Italiano ospite a Catanzaro

Più informazioni su

Parole scritte su pezzo di stoffa che  passando di mano in mano, arrivavano fino alla sua famiglia che aveva il compito di conservarli. Parole scritte tra altre parole, quelle dei libri che gli era concesso di leggere, perché, appena le guardie scoprirono il “trucco” della stoffa per mesi e mesi gli tolsero la possibilità di scrivere. E poi, ancora, le statuine di sapone realizzate e conservate, per non impazzire in quei giorni tutto uguali trascorsi in prigione.

Generico settembre 2024

 

Il ricordo di Giulio Regeni, meno fortunato, e la volontà di scrivere una storia diversa. Che oggi è la sua storia ed è il suo libro. Patrick Zaki, è stato ospite del Non Festival, manifestazione che ha animato le gallerie del San Giovanni , per la presentazione del suo libro “Sogni ed illusione di libertà”, unica data in Calabria, terra che gli riporta alla mente il senso di amicizia poiché ma prima persona conosciuta in Italia era un calabrese.

 

Intervistato dalla giornalista Tiziana Barillà, Zaki ha ripercorso i momenti della rivoluzione scoppiata nel suo Paese nel 2011, ma anche della sua prigionia, fino al giorno in cui il Governo italiano ottiene la sua liberazione.

Il 7 febbraio 2020 Patrick Zaki torna al Cairo, a casa sua, da Bologna, dove studia. Si vuole fermare pochi giorni.

 

È solo la pausa di uno studente che torna a casa temporaneamente. Ma le cose non vanno come previsto: Zaki viene arrestato e resta in prigione per 20 mesi. Bologna, la sua università, l’Italia intera reagiscono e da quel 7 febbraio non smettono di manifestare.
Ed è proprio il tam tam mediatico che fa sentire Zaki una pedina.

Pensa di valere non in quanto essere umano ma in quanto merce di scambio.

Patrick Zaki in questo libro racconta la sua storia: cosa è successo davvero quel giorno e cosa è avvenuto poi, nei giorni successivi: gli interrogatori, l’isolamento, le torture, il confronto con un mondo – quello delle carceri – in cui tutti sono ridotti a una condizione disumana.

E cosa lo ha tenuto vivo: gli studi, la passione per il calcio, la musica, l’affetto dei suoi cari, dell’amata Reny, dell’Italia tutta.

 

“La speranza è il motivo per cui esisto e racconto la mia storia. La speranza mi è venuta dal primo momento in cui ho visto una persona che mi amava e che ha deciso di rischiare e di affrontare tutto per me, una famiglia che non sapeva cosa stesse accadendo, ma ha scelto di stare dalla parte del figlio, qualunque fossero le sue scelte. Sarò sempre grato per tutto l’amore e la speranza che mi hanno circondato. Rimarrò fedele a questa malattia della speranza con cui mi avete contagiato, fino a quando le prigioni, piene di persone libere, saranno vuote”.

Più informazioni su