Figlio di un carabiniere caduto in servizio e nipote del postino di Gagliano, ecco chi è De Donno “l’anti Burioni”

Le origini catanzaresi del primario che ha provato con successo il protocollo di plasmaterapia per la cura del Covid-19

Il numero di catanzaresi e calabresi illustri che ha messo in circolo la vicenda Coronavirus dà la misura di quanto questa regione, e forse il sud in genere,hanno contribuito all’espansione e alla crescita delle zone del Nord, che oggi possono vantare certamente una logistica migliore, che mani e menti del Sud fanno funzionare al meglio. Dopo Salvatore Spagnolo che per primo ha teorizzato l’uso dell’aparina come metodo per contrastare le conseguenze da Covid – 19 , i commissari di governo Arcuri e Caroleo, Camporota il medico che ha avuto in cura il premier inglese , ecco che un altro pezzo di questa città spunta nelle cronache sanitarie. Si tratta di Giuseppe De Donno, pneumologo, primario all’ospedale di Mantova e di origini catanzarese.

LA MAMMA DI GAGLIANO IL PAPA’ CARABINIERE

La mamma Rosetta infatti abitava nel quartiere più antico della città, Gagliano, lo zio era il postino del quartiere, quando il postino era più che altro l’amico di tutti.

Il papà di Giuseppe De Donno era carabiniere, caduto in servizio.

Gli amici dell’epoca racconta di lunghi pomeriggi trascorsi nella piazzetta di Gagliano a giocare, di bagni fatti nel quartiere marinaro in estate e di una sua ricomparsa, dopo anni di assenza, la scorsa estate a Soverato, in occasione di una riunione di famiglia.

LE STOCCATE A BURIONI

“Siamo riusciti a realizzare questa sperimentazione che è molto seria – dichiara De Donno in un’intervista alla alla Gazzetta di Mantova ripresa da Fanpage – anche se qualcuno ha voluto farla passare per una cosa ciarlatanesca”. Le dichiarazioni sembrerebbero indirizzate al virologo Roberto Burioni, che recentemente ha commentato la terapia come “nulla di nuovo”, al quale viene riservata una stoccata sui diversi ruoli che, a detta di De Donno, i due coprono: “Lui va in tv a parlare, noi lavoriamo 18 ore al giorno al fianco dei nostri pazienti”, ha detto il primario di Penumologia del Carlo Poma di Mantova. E con il lavoro profuso sinora, il nosocomio mantovano e quello pavese sono riusciti a trovare “un’arma magica”, come la definisce De Donno, “che ci consente di salvare più vite possibili”. A tal proposito, il professore spiega di non volersi arrogare alcun merito circa l’invenzione di nulla, parlando di un perfezionamento di un’idea “che già esisteva”. “Il nostro protocollo è ambiziosissimo”, ha spiegato De Donno, rivelando che già un’ottantina di pazienti sono stati trattati con la plasmaterapia con successo”