A’ Cuzzupa, storie di un tempo nella tradizione del quartiere marinaro

Sulla tavola nel quartiere marinaro ‘a cuzzupa non poteva mancare nel periodo di Pasqua


di Elisa Giovene 

Nelle festività pasquali, come di consueto, vengono rinnovate tradizioni che contemplano i riti religiosi e quelle dedicate alla festa in famiglia e dunque, anche alla preparazione di dolci ed altri piatti specifici del periodo. Nel quartiere marinaro, anche negli anni addietro, la tradizione pasquale era molto sentita e la manifattura dei dolci era in particolar modo rappresentata dalle tipiche “cuzzupe”, che ogni famiglia riproduceva e che sulla tavola non potevano assolutamente mancare, preparate specificatamente per festeggiare la Resurrezione di Cristo. Tale manifattura rappresentava una consuetudine ed anche i più piccini vi partecipavano, considerandola un importante momento di festa. 

Le creatrici di queste “opere d’arte”, erano per lo più le mamme o le nonne, che si destreggiavano fra impasti e piccoli zuccherini colorati, che venivano apposti sulle cuzzupe. Le forme, le più svariate, venivano scelte anche in base alla richiesta dei bambini e per lo più si riferivano ad animali, come il pesce (‘u piscia), l’agnellino (l’agneddhu), ma anche sotto forma di cestino (‘u panaru) o il classico cuore (‘u cora) e particolari intrecci di vario formato, tutte rigorosamente ricoperte con il tradizionale  “annaspro” (l’annaspru), con l’inserimento di uova che ogni bimbo doveva poi ricevere. I dolci, non potevano essere consumati se non nel giorno di Pasqua ed anche la loro cottura rappresentava una particolare tappa, considerata quasi parte fondamentale di tutta la preparazione. 

Le teglie, chiamate in dialetto “lande”, erano di dimensioni notevoli e venivano riempite con i vari dolci, pronte per essere infornate. Questa incombenza, era talvolta affidata anche ai bambini, che portavano ai forni del posto il necessario da infornare, ovviamente pagando una piccola quota. Nel quartiere, svariati erano i forni ed ognuno aveva i propri clienti ai quali veniva data la precedenza, tuttavia nel periodo pasquale l’afflusso era notevole, tanto che ci si doveva spostare nel primo forno disponibile ed aspettare il proprio turno. Questa sosta, era quasi considerata motivo di piacevole aggregazione, momento in cui ci si scambiava nozioni culinarie ed i bambini restavano in trepida attesa. 

Una breve parentesi, per raccontare dell’alacre lavoro dei forni nel quartiere marinaro, come scrive Franco Riga nel suo libro ( Catanzaro Marina – Storia di un borgo antico ) descrivendone i particolari. In un breve tratto, ad esempio, si apprende che nell’abitato di Casciolino, nella zona delle palazzine dei ferrovieri, si trovava uno dei tanti forni a legna del quartiere. Il forno, era stato costruito ad uso dei residenti e, oltre ad infornare il pane, lo usavano per cuocere i dolci ( “i torteri”), i tegami con coniglio o lepre e patate ( “ i tiani cu i capuredri”) e le cuzzupe nelle grandi teglie ( “i landi cu i cuzzupi”) di cui si è già parlato. L’uso dei forni, pertanto, non era deputato solamente alla cottura del pane. Il particolare momento della preparazione delle “cuzzupe”, rappresentava per il quartiere una fase irrinunciabile ed anche le vie “esprimevano” con i loro profumi il sapore della festa. 

Una festa per gli adulti, ma soprattutto per i piccini impazienti del momento in cui avrebbero assaporato i particolari dolci. I racconti di queste singolari tradizioni, riportati da chi le ha vissute, parlano quasi da sé, esprimendo esperienze di un tempo con momenti di vita che non torneranno, quando ancora bastava la preparazione di un semplice dolce a riempire gli animi di gioia ed assaporare ancor meglio la festività religiosa nella sua particolare importanza ed aggregazione. Un vissuto, che in parte ritroviamo ancor oggi con la preparazione della sempre attuale “cuzzupa”, dolce che rimane nella tradizione della cucina catanzarese.

(foto – Archivio fotografico Franco Riga)