Asp, indagati due componenti dell’Ufficio antimafia

La Guardia di finanza ha notificato un provvedimento interdittivo e un avviso di chiusura indagini a due dipendenti nominati pochi giorni fa nella struttura demandata a vigilare sulla piena legalità dei rinnovi contrattuali con le strutture private

Sono durate quattro mesi, dal dicembre del 2016 al marzo del 2017, le indagini della Guardia di Finanza che hanno consentito di rilevare oltre 2.100 episodi di assenteismo negli uffici amministrativi dell’Azienda sanitaria provinciale di Catanzaro. Un periodo precedente, quindi, a quello dell’insediamento della Commissione straordinaria nominata dopo l’accesso antimafia seguito all’operazione “Quinta bolgia” sulle infiltrazioni criminali all’interno dell’Asp, sempre condotta dalla Guardia di Finanza, che con il coordinamento della Dda di Catanzaro guidata da Nicola Gratteri aveva portato all’esecuzione di 24 ordinanze cautelari anche a carico di amministratori, dipendenti ed ex amministratori.

L’operazione “Cartellino Rosso”, che questa mattina ha portato alla notifica di un’ordinanza emessa dal gip Claudio Paris su richiesta della Procura per l’applicazione di una misura interdittiva nei confronti di 19 persone delle 57 complessive indagate.
Premettendo che la notifica dell’informazione di garanzia non costituisce in alcun modo una dichiarazione di colpevolezza o una anticipazione del giudizio, ma anzi serve a consentire all’indagato il pieno esercizio del diritto di difesa, e rimarcando anche che nell’indagine odierna non vengono contestati reati di criminalità organizzata, colpisce che nell’elenco degli indagati compaiano due dei componenti dell’Ufficio Antimafia nominato una settimana fa da dalla terna commissariale che guida l’Asp, proprio con l’obiettivo di intensificare i controlli di legalità sull’operato dell’azienda, anche con riferimento ai contratti e alle autorizzazioni in corso di rinnovo con le Rsa e le strutture private accreditate.

Uno dei due è destinatario di una misura interdittiva, l’altro ha ricevuto l’avviso di chiusura indagini.

In quel sistema “collettivo” in cui i finanzieri hanno rilevato una “generalizzata sensazione di impunità, proprio perché tutti complici, controllori e controllati”, è capitato anche che delicate funzioni di controllo di legalità siano state affidate – da chi naturalmente non poteva essere a conoscenza dell’attività di indagine, fino ad oggi coperta da segreto – a chi è ora accusato dai magistrati di aver violato “i doveri di lealtà e probità inerenti il pubblico servizio svolto”.