Consiglio comunale, quando le fideiussioni hanno le gambe e le pratiche prendono la scorciatoia

Clamoroso dissidio nel gruppo Abramo: Filippo Mancuso abbandona l’Aula per protesta avvertendo fumo di favoritismo ad personam. Riccio rinvanga vecchie polizze assicurative non attivate

Nella versione un po’ casereccia che si suole dare dell’andamento congiunturale, si dice che l’edilizia fa girare l’economia. Non sappiamo se sia vero in epoca di post-post-fordismo. Di sicuro cazzuola e betoniera muovono e smuovono la politica, quantomeno quella che si manifesta nelle assemblee elettive delle autonomie locali. Prendete il Consiglio comunale di oggi, a Catanzaro. Chi se lo sarebbe aspettato che, sull’altare di due (quasi) anonime pratiche di assegnazione di destinazione d’uso in Zona omogenea F2 – riservate a costruzioni per servizi e attrezzature secondo il vigente Piano regolatore generale – si sarebbe consumata la più dirompente delle rotture? Ancor più eclatante se si considerano due aspetti: che ad alzare la temperatura è stato un esponente che di solito si prodiga ad abbassare i toni e ad aspirinizzare i colpi di calore. Di più, che a provocare lo sconquasso è stato il rappresentante di punta del gruppo “Catanzaro con Sergio Abramo”, che, oltre ad avere l’onore di fregiarsi del nome del sindaco in carica, ha anche l’onere di essere il gruppo con il maggior numero – nove – di consiglieri. Per questo, quando Filippo Mancuso ha richiesto la parola per mozione d’ordine, cioè per intervenire da subito sull’ordine del giorno, le orecchie si sono raddrizzate e l’adrenalina ha avuto un rialzo ambientale. Mancuso, in sintesi ha detto di non essere assolutamente d’accordo con l’inserimento all’odg di due pratiche F2, avanguardia di un più cospicuo numero di analoghe richieste che si era deciso di trattare tutte insieme. Poiché è evidente di trovarsi di fronte a un doppio caso di favoritismo inserendo le due destinazioni in scaletta prima delle altre, e neanche seguendo l’ordine cronologico delle presentazioni, Mancuso non solo non è d’accordo, ma addirittura abbandona l’aula. Mancuso non è un consigliere qualsiasi. Oltre a essere l’unico a ricoprire anche la carica di consigliere regionale (in quota Lega), è l’altro riferimento politico del gruppo consiliare cittadino, oltre al sindaco Abramo, qualcuno dice finanche “prima” del sindaco Abramo. L’accusa, per niente velata, scuote il presidente Marco Polimeni che non ci sta a subire la non tanto velata accusa di spiccio favoritismo, responsabile, insieme alla conferenza dei capigruppo, della stesura dell’ordine del giorno; mette in imbarazzo il presidente della Commissione urbanistica, Fabio Talarico, del suo stesso gruppo, che ha istruito ed espresso parere favorevole alla pratica; chiama alla responsabilità lo stesso sindaco che ha voluto trattenere per sé la delega all’Urbanistica. Il sindaco, però, è assente. Qualcuno al momento ha già malignato: ecco, Abramo, vista la cattiva parata, ha pensato bene di non farsi vedere. Giunge opportuna la specifica di Polimeni: il sindaco è stato chiamato con urgenza in Regione dove è in discussione il piano sociosanitario sul quale è uno dei più strenui oppositori. Lo ha sostituito il vicesindaco, Gabriella Celestini. Un po’ di confusione in aula, la pronta etichetta di dilettantismo e approssimazione da parte del “solito” Sergio Costanzo (Fare per Catanzaro), lesto a infierire sulla spaccatura in atto, poi la sospensione dei lavori per cinque minuti, schizzati a cinquanta.

È presto per dire se l’incidente avrà conseguenze politiche a breve o medio raggio. Sarebbe stato interessante osservare la reazione in diretta dello stesso sindaco. Certo permane il problema della coesistenza di due “riferimenti politici” nell’ambito dello stesso ristretto gruppo, di radicamento locale ma con ambizioni regionali, che non ha ancora sciolto la sua ambivalente proiezione in chiave Lega e/o Forza Italia. Intanto le due pratiche sono state approvate, una per la destinazione ad asilo in via Barlaam da Seminara e l’altra per l’assegnazione a mercato al coperto (supermercato) in viale Crotone. I gruppi hanno trovato l’accordo per una celere convocazione di Consiglio per discutere delle altre in giacenza.

L’altro interessante siparietto è venuto dall’intervento del consigliere Eugenio Riccio (Gruppo Misto) nella discussione relativa alla possibilità della rateizzazione del non riscosso su vecchi condoni edilizi, che si è andata intrecciando con un altro punto all’ordine del giorno, il regolamento dei lavori che interessano suolo e sottosuolo, ovvero gli scavi sul manto stradale da parte di ditte che interrano cavi, tubi e fibre. L’aspetto in comune è quello delle fideiussioni che devono accompagnare le domande, una sorta di caparra, bancaria o assicurativa che serve, o dovrebbe servire, a tutelare l’Ente in caso di non riscosso o di non eseguito. Nell’intervento teso a illustrare il suo voto, favorevole, Riccio ha fatto cenno a passate fideiussioni che non sono state attivate pur in presenza dei presupposti, per negligenza dei dirigenti o per altri motivi contingenti. Con metafora deambulatoria, ha parlato di “fideiussioni con le gambe”. Arriva anche a citare un episodio particolare largamente trattato da un ex consigliere in un precedente mandato. Sergio Costanzo avrebbe voluto che il presidente Polimeni e la segretaria generale Sica interpretassero l’intervento di Riccio come notizia di reato per farsene tramite verso la procura, ma di questo è detto in altra parte del giornale.

Qui preme invece fare cenno a quanto si sia fatto labile e incerto il limite tra opinione politica, azione amministrativa e ricorso alla magistratura quale possibile arbitro di situazioni che, nella fisiologia pubblica, potrebbero e dovrebbero rimanere confinati nella normale dialettica di parte. È un sintomo di quanto si sia appesantito e rabbuiato il clima in cui abitano e vivono le istituzioni pubbliche in generale, e il Comune di Catanzaro in particolare, visto che da questo abbiamo dato cronaca e tratto spunto. Per tradizione, a questo appannamento si è soliti indicare come antidoto il lavacro elettorale. Che non sempre, però, si rivela efficace nel dirimere controversie e sbrogliare grovigli di tale natura. Anzi, talvolta, li aggrava.