Rachele e Saverio, una storia d’amore che ancor oggi affascina

Rachele e Saverio, furono uniti da una intensa passione, tuttavia separati da quella rivalità che sussisteva fra le famiglie a cui appartenevano e che rappresentò un ostacolo al loro amore

Le vicissitudini d’amore hanno sempre appassionato e alle volte, nonostante i tragici finali, hanno coinvolto ancor di più, seguendone le trame con la lettura di testi che ne hanno descritto i singolari risvolti. Giulietta e Romeo, certamente, rimarranno personaggi indelebili, la loro storia, nota ai più, ha ispirato anche la produzione di film e documentari. Una storia, che si ritrova in quella vissuta da due giovani catanzaresi intorno al 1800 e che ancor oggi “vive” fra le mura di Palazzo De Nobili, luogo che vide l’evolvere di questo amore e di cui se ne vorrà, brevemente, parlare.

Rachele e Saverio, furono uniti da una intensa passione, tuttavia separati da quella rivalità che sussisteva fra le famiglie a cui appartenevano e che rappresentò un ostacolo al loro amore. Entrambi, facenti parte di due casati aristocratici catanzaresi, infatti, Rachele De Nobili, viveva nel palazzo di famiglia (attuale Municipio), i cui ideali politici seguivano quelli del partito liberale, quale sostenitore dei francesi e promulgatore delle loro idee, mentre Saverio, apparteneva alla nobile famiglia Marincola Panzanera, la cui ideologia seguiva i dettami “borbonici”, tant’è che il padre Don Ignazio Marincola, deceduto all’epoca dei fatti, era stato in Catanzaro, il capo del movimento legittimista borbonico. I due giovani, si conobbero a Teatro e fu allora che la loro passione nacque, tanto che, successivamente, ogni sera Saverio si recava segretamente sotto la finestra di Rachele, scambiandosi promesse e dichiarazioni d’amore.

Una storia che perdurò, se pur con il grande timore che potesse essere scoperta dai fratelli di Rachele, Cesare, Domenico e Antonio. Ma, nonostante la prudenza, il maggiore dei fratelli, Cesare, scoprì i loro incontri e una sera, affrontò Saverio, con l’intenzione di ucciderlo. Nel duello, il giovane si difese e fortunatamente riuscì a fuggire. Dopo l’accaduto, i giovani innamorati furono molto cauti nei loro incontri, pare infatti che Saverio, avesse addirittura munito il proprio cavallo di “ferri” d’argento, così la sua amata riconoscendone il rumore, poteva intuire il suo arrivo. Purtroppo, i fratelli di Rachele, non avevano mai abbandonato l’idea di vendicarsi. Una sera, il giovane, tornando dai suoi poderi nella zona di Catanzaro marina, a “Pié della Sala” venne colpito da alcuni colpi di carabina e, sebbene soccorso dai passanti, poco dopo morì (7 novembre 1822). Il brutale delitto non poté che essere ricondotto ai fratelli di Rachele, che nel frattempo fuggirono, rifugiandosi nel palazzo della loro tenuta estiva sita in zona “Petrizia” (nei pressi di Sellia Marina, tuttora esistente), salpando successivamente da “Le Castella”, in direzione “Corfù”, per sfuggire alla cattura.

Appresa la notizia della morte di Saverio, Rachele si chiuse in un mesto dolore, da qui la sua decisione di partire per Napoli entrando nel Convento delle “Murate vive”, dove trascorse il resto della sua vita. Cesare e Domenico, condannati a morte, non fecero  più ritorno, solo dopo svariati anni, tornò Antonio, il più piccolo dei fratelli (che fu l’unico a subire un processo con una condanna “minore”), che cercò il perdono di Rachele, senza mai ottenerlo né per sé e né per i suoi fratelli. A ripercorrere la storia di Saverio e Rachele, vari scritti a riguardo, ma si vorrà fare riferimento ad uno in particolare, proposto dall’avvocato e scrittore Carlo Corigliano (1915 – 1997 ) in una conferenza tenutasi il 3 novembre del 1990, nella Sala Consiliare di Palazzo De Nobili. Del suo intervento, che sembra quasi una “narrazione” dei fatti, se ne riporteranno solo brevi stralci, soffermandosi in primis sulla figura di Rachele. La descrizione della bella fanciulla, come scrive il Corigliano, viene fatta dal “Barone Filippo de Nobili di Magliacane, illustre studioso, bibliotecario insigne e discendente, in linea collaterale, ad una delle famiglie coinvolte nel dramma”. Di Rachele ne descrive la “magica visione”, ricordando un antico dipinto visto tanti e tanti anni prima: “vestita di bianco, piuttosto alta, esile e bionda, dagli occhi azzurro celeste”.

Così, era la bella Rachele. Come si è già accennato, il Teatro fu occasione per far nascere l’amore fra i due giovani e così dichiarò il 9 novembre del 1822 alla gendarmeria, la madre di Saverio, donna Girolama Marincola Panzanera, a seguito della sua uccisione: “ …..La mia famiglia, perciò, non era in amicizia con quella del detto barone. Con l’occasione che il palco della mia famiglia nel teatro è contiguo a quello del detto barone, il mio diletto figlio don Saverio Marincola e la figlia del barone de Nobili, donna Rachele, si invaghirono scambievolmente e cominciarono a corrispondersi con delle lettere. L’infelice mio figlio andava la sera sotto i balconi del detto barone per vedere la giovane e dirle, forse, qualche parola. Dunque si videro a teatro. Si videro ancora a teatro. E si videro a messa la domenica, in mezzo ai familiari, sotto le arcate del Duomo e della Chiesa del Rosario e l’amore li avvinse ogni giorno, ogni ora di più. Non l’amore come oggi si intende! Ma il “grande amore”; l’amore del sentimento e del sogno; l’amore che vuole salire l’altare; l’amore profondo, serafico del tempo che fu!”. Un amore, dunque, puro, ma ciò non venne considerato dai fratelli della dolce Rachele, come ne derivò dai fatti accaduti, dal processo che ne susseguì e dalla stessa arringa dell’avvocato Poerio, che ne delineò l’attimo terribile, come lo stesso Corigliano riporta: “A un tratto vide i tre fratelli de Nobili; si tenne morto. Sparò dunque, spronò la cavalla, oltrepassò i suoi nemici e nell’altro ricevé il colpo micidiale da fianco. Gli era forza o sparare il primo o dar di volta e fuggire; scelse il partito degli animosi: sparò e proseguiva il cammino quando la prontezza del colpo di rimando lo tolse di vita”.

“E poi, altri particolari che risultarono dal processo e riportati nella Memoria a stampa della parte civile e nell’arringa di Poerio: il cavaliere, colpito a morte, che resta, per qualche attimo irrigidito in sella; la cavalla, imbizzarrita dai colpi, che si impenna, Saverio precipita a terra e rimane, morto, sulla strada, al principio della salita del Monacaro, a una certa distanza dal punto dove è stato colpito; la cavalla continua a correre, sollevando scintille dal selciato; Giovanni Battista Alfieri, Raffaele Pappaianni, Raffele Brescia – (che rientravano a piedi dalla campagna e che erano avanti, lungo la salita del Monacaro) – i tre, poi testimoni nel processo , “afferrano la giumenta per la briglia” e dello stemma sulla sella insanguinata, riconoscono l’appartenenza e la conducono al palazzo di Panzanera (Marincola)”. Questi, alcuni tratti della storia dei due innamorati, come accuratamente vengono riportati dall’avvocato Corigliano. Dopo il tragico evento della morte del giovane, ne conseguì purtroppo un altro, successivo all’Unità d’Italia, infatti correva voce tra il popolo che la famiglia De Nobili fosse caduta in miseria, tanto da dover cedere, nel 1863, il loro palazzo al Comune. Saverio, venne dunque colpito a morte e con lui morì, anche se non fisicamente, la bella Rachele. Ancor oggi, la storia dei due giovani aristocratici catanzaresi continua ad essere raccontata e la fantasia fa anche pensare che la figura di Rachele, continua ad aleggiare nelle sale di Palazzo De Nobili. Un amore che, nella sua purezza, va oltre il passare del tempo, rimanendo indelebile e forte, quasi sconfiggendone la morte. (foto dal web)