Il gip di Salerno: “Da Valea approccio infedele alla funzione pubblica”

I giudici a latere Sorrentino e Ferraro avrebbero appreso solo dalla stampa della decisione del Riesame sul sequestro di beni ad Antonio Saraco

Si sarebbe auto assegnato dei fascicoli facendo in modo di non condividerne le relative decisioni coi colleghi del Riesame, attestando falsamente lo svolgimento della Camera di Consiglio. Queste le accuse costate all’ex presidente del Tribunale del Riesame Giuseppe Valea un provvedimento interdittivo di sospensione dal pubblico ufficio di magistrato per la durata di un anno emesso dal gip di Salerno Maria Zambrano, su richiesta dei magistrati della Procura di Salerno nell’ambito di un’indagine coordinata dal procuratore Giuseppe Borrelli e dall’aggiunto Luigi Alberto Cannavale, che questa mattina ha diretto le perquisizioni condotte dai carabinieri del Ros all’interno del Tribunale di Catanzaro.

Luigi Alberto CannavaleIl procuratore aggiunto di Salerno Luigi Alberto Cannavale entra nel Tribunale di Catanzaro

Sono sette gli episodi contestati al giudice – ora trasferito su sua richiesta dal Csm al Tribunale di Milano – le cui decisioni sono state depositate tra il marzo del 2021 e il mese di maggio 2021, due delle quali riguardano il procedimento per il sequestro dei beni all’imprenditore Antonio Saraco. Sarebbero proprio questi procedimenti a collegare la vicenda che ha portato all’interdizione di Valea a quelle dell’indagine Genesi che hanno portato a processo il giudice Marco Petrini, che era stato presidente di sezione della Corte di Appello che nel 2018 aveva restituito a Saraco il suo patrimonio. Il Riesame guidato da Valea ha rimesso sotto sequestro i beni di Saraco, depositando la decisione dopo oltre due anni, dopo che era già esplosa l’inchiesta sui presunti episodi di corruzione a Palazzo di Giustizia. 

Una decisione quella sul sequestro di beni alla famiglia Saraco che i giudici “a latere” del riesame Gaia Sorrentino e Alfredo Ferraro avrebbero appreso soltanto dagli organi di stampa, e avrebbero così deciso di fare al presidente del Tribunale Rodolfo Palermo, affermando di non ricordare lo svolgimento della camera di consiglio e di non essere stati tempestivamente messi a conoscenza dello sviluppo e della tempistica della motivazione adottata. In una successiva relazione i due magistrati, nel frattempo trasferiti ad altra sezione, fornivano ulteriori chiarimenti sulle modalità di svolgimento della camera di consiglio. Tutte testimonianze trasmesse a Salerno dal presidente Palermo, così consentendo l’avvio dell’indagine. 

Il gip di Salerno evidenzia come in un contesto organizzativo caratterizzato da molteplici criticità in ordine all’assegnazione dei fascicoli e alla composizione del collegio in caso di istanze difensive di rinvio, già segnalate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro e rilevate dal Consiglio Giudiziario e dal Presidente del Tribunale, Valea ha ripetutamente estromesso gli altri componenti dei collegi dal momento deliberativo che necessariamente doveva precedere le decisioni assunte, depositando provvedimenti in cui falsamente attestava la collegialità di quelle decisioni.

Secondo il gip questo modus operandi, che Valea ha continuato ad adottare nonostante le segnalazioni e le richieste di chiarimenti ricevute, in ragione dell’ampio arco temporale nel quale si è manifestato e del numero di episodi sin qui venuti alla luce, non appare ascrivibile ad un momento isolato di crisi personale o professionale, ma sintomatico di un atteggiamento di sostanziale infedeltà alla funzione pubblica, esercitata secondo un’impostazione personalistica ed accentrata ed in violazione delle disposizioni normative che prevedono la collegialità quale momento di discussione e confronto proprio in ragione della particolare delicatezza di talune decisioni, nel caso di specie emesse in sede di impugnazione di provvedimenti cautelati o in tema di misure di prevenzione. 

La recente segnalazione relativa al procedimento di prevenzione a carico di Antonio Saraco, secondo il gip, dimostra che neanche le sollecitazioni dei componenti del collegio allo svolgimento delle camere di consiglio e le segnalazioni relative ad una più trasparente organizzazione nella distribuzione degli affari da parte del presidente del Tribunale lo abbiano dissuaso dal perseverare nelle condotte contestate. 

Per questo il gip, nel decidere la misura interdittiva (la procura aveva chiesto il divieto di dimora in Calabria e in Lombardia), attribuisce a Valea condotte sintomatiche di un approccio infedele alla funzione pubblica esercitata. 

Gli sviluppi dell’indagine serviranno a comprendere se e come le accuse contestate a Valea (che aveva avanzato domanda di pensionamento a partire dal prossimo 31 dicembre) si inseriscano nel quadro più complessivo che la Procura di Salerno ha delineato all’interno degli uffici giudiziari catanzaresi.