Gratteri: “Con la riforma Cartabia destinati a morire importanti processi contro la criminalità”

Per rendere più efficiente la macchina giudiziaria secondo il procuratore di Catanzaro è necessario, tra l'altro, rivedere la geografia dei tribunali e limitare i motivi di appello e ricorso per cassazione

L’allarme l’aveva già lanciato davanti alla Commissione giustizia della Camera: “Se passerà così com’è la riforma Cartabia, la metà dei processi finirà sotto la scure della improcedibilità”. Il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, a Soverato per la presentazione del suo ultimo libro “Non chiamateli eroi” nell’ambito della rassegna Libri & Bollicine, ha contestato duramente le nuove norme sulla prescrizione. “Stabilire un limite di tempo massimo nei giudizi di impugnazione non porterà a giudizi più rapidi ma solo all’estinzione di un elevatissimo numero di procedimenti”, ha spiegato il magistrato. “Con questa riforma saranno destinati a morire processi anche importanti di criminalità organizzata, senza preoccuparsi delle parti offese. In un omicidio colposo i parenti del morto come si potranno rivalere se non ci sarà una condanna? E solo perché il processo non si potrà celebrare”.

gratteri soverato

Secondo Gratteri sono diversi i settori su cui intervenire per rendere più efficiente la macchina giudiziaria e accelerare i tempi dei processi. “Bisogna depenalizzare, rivedere la geografia giudiziaria accorpando gli uffici non indispensabili per fare lavorare tutti a regime, fare rientrare in pianta organica come giudici e pm circa 200 magistrati fuori ruolo, limitare di molto i motivi di appello e di ricorso per cassazione, che molte volte sono fatti in modo pretestuoso per diluire i tempi e arrivare prima alla prescrizione e ora alla improcedibilità”.

gratteri soverato

Nel libro “Non chiamateli eroi” Nicola Gratteri e Antonio Nicaso si rivolgono soprattutto ai più giovani nel raccontare, con linguaggio semplice, le storie di chi ha deciso di difendere le proprie idee e la propria dignità guardando negli occhi gli uomini dei clan. Non solo vittime di mafia famose e importanti ma anche gente comune, come Rocco Gatto, il mugnaio di Gioiosa Ionica ucciso dalla ‘ndrangheta per essersi rifiutato di abbassare le serrande della sua attività quando dalla cosca Ursini fu indetto il lutto cittadino dopo la morte del capoclan in un conflitto a fuoco con i carabinieri.