Gioco d’azzardo patologico: ecco i primi risultati del progetto di prevenzione e cura dell’Asp

L’iniziativa, promossa dalla Regione, vede la collaborazione del Centro Calabrese di Solidarietà, Malgrado Tutto, Progetto Sud e Cooperativa Sociale Zarapoti

Viene definito “disturbo da gioco d’azzardo”, ma chi ne soffre non lo riconosce subito come una vera e propria malattia. Le conseguenze, sia psicologiche che economiche, però, si riversano anche sulle famiglie della persona affetta dal disturbo patologico. I familiari, infatti, svolgono un ruolo importante per aiutare il proprio caro nella fase dell’accettazione e nella richiesta di aiuto.

Questa mattina, nella sede del Ser.D., l’Asp di Catanzaro ha presentato i risultati della prima fase del progetto “Gap”, Gioco d’Azzardo Patologico, promosso dalla Regione Calabria per contrastare il fenomeno della dipendenza da gioco d’azzardo, attraverso un articolato programma di prevenzione e cura della ludopatia, realizzando un lavoro di rete con enti locali, famiglie, scuola e privato-sociale.

Oltre al direttore del Dipartimento di Salute Mentale e delle Dipendenze dell’Asp di Catanzaro, Rossella Manfredi, e del referente scientifico del progetto e direttore facente funzione del Ser.D. di Catanzaro Giulia Audino, hanno preso parte all’incontro anche i rappresentanti delle tre comunità terapeutiche – Centro Calabrese di Solidarietà, Malgrado Tutto, Progetto Sud – e della Cooperativa Sociale Zarapoti.

I dati

Secondo quanto riferito dalla responsabile Giulia Audino, “nell’anno 2019/2020 nel Ser.D. di Catanzaro-Soverato e Lamezia sono stati presi in carico circa 150 pazienti con dipendenza dal gioco d’azzardo primaria e codipendenza. Di questi hanno aderito al progetto 2017 una percentuale pari al 30 per cento circa: 18 pazienti a Soverato; 15 a Catanzaro e 12 a Lamezia”. Per alcuni di loro sono stati attivati anche programmi semiresidenziale o residenziali nelle diverse comunità terapeutiche che partecipano al progetto.

“Dalla valutazione del dato – ha dichiarato la Audino – si evince che il 70% dei pazienti ha avuto ritenzione al trattamento. Il 25% ha mantenuto lo stato di “free dal gioco”. Si è rilevato nei pazienti una migliore cura del sé ed un cambiamento nello stile di vita sia in termini relazionali che emotivo-comportamentali”.

Resistenze nel riconoscerla come malattia

Come evidenziato nel corso dell’incontro, “il coinvolgimento – ha detto Audino – trattamentale delle famiglie è stato complesso ed ha rilevato delle criticità poiché l’accesso al servizio è ostacolato non solo in termini di stigma, ma soprattutto perché il comportamento del giocatore non veniva considerato dalle famiglie una malattia”.

 Corsi di formazione e sensibilizzazione 

L’Asp ha attivato corsi di formazione per operatori delle forze dell’Ordine e corsi di sensibilizzazione per i gestori delle sale da gioco e per gli operatori del settore. “Importante anche l’intervento su strada – ha evidenziato la Audino – che si è rivelato un favorevole strumento di aggancio. Siamo convinti che rafforzare gli interventi in rete può essere un modello d’intervento efficace”.