Fa freddo a Catanzaro. In Ucraina molto di più

Che mondo abbiamo costruito sulla terra dei padri? Possibili che ci siamo tutti dimenticati dei figli?

di Franco Cimino

Fa freddo in Città. Sono quasi sedici giorni che l’inverno si fa sentire molto più che negli altri anni dell’eterna primavera catanzarese. Qui, da noi, infatti, ancor più che nell’intera Calabria, terra del sole per eccellenza, l’inverno delle tempeste e delle bufere, della neve altissima e delle piogge torrenziali, delle temperature basse, non esiste. La nostra terra sconfigge anche gli specialisti delle stazioni meteo. Sconfessa addirittura le previsioni del tempo anche giornaliere. Non piove quando è previsto.

Per Catanzaro la sconfessione “scientifica”avviene anche all’interno della stessa regione. Se su altri territori piove, da noi no. Anche il mare quest’anno ha riposato. Ci ripara da tutto non la buona sorte, ma il vento, il nostro vento buono. In questa stagione si è fatto sentire più forte che nel recente passato quando stava per sfatare il mito della Città delle tre V. Dopo la perdita antica di quella del velluto, con la scomparsa del vento ci sarebbe rimasta solo quella di San Vitaliano. Il vento della nostra Città è buono perché è intelligente, generoso e “ politico”. Guardate quante cose fa. Spazza delicatamente le nuvole nere a pioggia.

Talvolta lascia quelle grigie, come a voler dare tocchi di colori armoniosi al cielo, altrimenti sempre celeste. Di un celeste straordinario, però, che ad ogni ora cambia leggermente fino a farsi rosso, e rosa e giallo insieme, al tramonto, e, all’imbrunire, di un grigio particolare che prepara il blu scuro della notte. Il nostro vento inoltre ripulisce l’aria salvaguardandola rispetto ai pulviscoli pericolosi che dalle vicine industrie si disperdono minacciosamente nel cielo. Quello basso che possiamo toccare con un dito, non quello più alto e incontaminabile dei nostri sogni. Il cielo, cioè, che può essere raggiunto solo dai nostri occhi fanciulli.

La terza cosa, oltre a tante altre che non elenco, del vento buono di Catanzaro, è dare frescura alle nostre estati. In particolare modo, via via salendo dal mare fino a Sant’Elia. A luglio e ad agosto, quando dappertutto si soffoca e si affida il corpo esausto ai condizionatori, consumatori inquinanti d’energia, nella nostra Città si respira aria buona e salubre, fresca e tonificante. In quale altro posto può avvenire che si possa stare tutto il giorno ad “ arrostirsi” beneficiati dai bagni continui, e alla sera stare al fresco delle belle passeggiate o delle cene all’aperto dopo i cinema e i teatri all’aperto, prima del dolce dormire sotto la coperta leggera? Io non giro il mondo e non posso dire con esattezza da graduatorie.

Posso, però, affermare che a Catanzaro, questo avviene. E se essa non sarà la Città più bella del mondo, come io sotto l’ironia di qualche “ simpaticone” intellettuale la definisco, certamente potrà essere già considerata quella che di gran lunga migliore sarà in futuro. E cioè bella, accogliente, generosa, riposante. Mannaggia, parlo di Lei, l’altro mio amore immenso, e mi perdo. A volte io stesso “mi appaio” come Benigni-Jonni Stecchino quando sentiva la parola mamma.

Torno un attimo indietro, anzi a cento parole fa. Non era di Catanzaro che avrei voluto dire oggi. Ma del freddo di questi giorni, casualmente sedici. Sedici come quelli della guerra mossa contro l’Ucraina. Abbiamo scritto, con l’inchiostro delle lacrime, del bambino e dell’intera famiglia uccisi mentre tentavano di mettersi in salvo, fuggendo dal conflitto. Ieri sicuramente siamo rimasti inorriditi davanti alle immagini dell’ospedale pediatrico distrutto da una bella bomba sganciata da un un bell’aereo russo. Poi, di nuovo lacrime alla notizia successiva che oltre a tre adulti, sotto quell’assalto è morto un bambino di sei anni.

Dei numerosi feriti non si è detto. Come per le vittime del Covid si conteggiano cinicamente solo le morti. Il freddo, allora, dei nostri quattro gradi di sera e dei due durante la notte quando siamo sotto il caldo delle coperte. Fa quasi piacere sentirlo. Anche nelle cene in cui lo attenui con un bel bicchiere di vino sopra un bel pasto, gustoso e abbondante. A duemila chilometri da qui, il freddo è un nemico che si allea al rabbioso esercito con la divisa del “ nemico”.

Centinaia di migliaia di giovani, da ambedue i fronti, stanno da mattina a sera e notte con il fucile in mano, senza alimentazione e barriere che li proteggano. Ventiquattr’ore in attesa del nemico e sulle barricate per abbatterlo. O in giro per i campi e le strade, con la paura che vince da sola la paura. Come la guerra che vince se stessa con la guerra. Il freddo, in Ucraina, in questi giorni é costantemente oscillante tra zero e meno sette. Siamo quasi in primavera. Milioni di donne e bambini e anziani, con tanti ammalati e disabili, vagano, senza cibo caldo e indumenti adatti, per strade lunghissime in cerca di un rifugio garantito.

I più fortunati hanno come meta la prima fascia di un confine sicuro. La generosa Moldavia, l’eroica Polonia. Da lì l’Europa delle grandi promesse. I meno fortunati, quelli che non hanno potuto muoversi, che non hanno saputo dove andare, quelli che non hanno voluto lasciare la propria terra, il freddo ancora più cattivo lo sentono nei rifugi d’occasione o nelle scuole o ospedali senza più riscaldamento ed energia elettrica.

Unica fonte di calore il sovraffollamento di persone e il respiro affannoso di quanti, stipati come sardine, sono lì dentro costretti, corpi deprivati della dignità umana. Prigionieri della paura e incatenati alla rabbia della ribellione e alla speranza di una vittoria assai incerta, se non al prezzo di altre decine di migliaia di vite. Ma che guerra é questa, in cui si attenta alla vita di una terra sorella e dei fratelli che la abitano? Me lo domando pur forzatamente aderendo a quel brutto assurdo principio secondo il quale il pianeta possa essere diviso tra territori di proprietà di un potere, conquistati i quali si diventerebbe padroni di ogni bene e di ogni persona che quei territori abitano.

Ma che mondo è questo in cui l’odio e la sete di dominio prevalgono sul diritto alla vita e alla libertà di persone e paesi, di Stati e nazioni? Che mondo abbiamo costruito sulla terra dei padri? Possibili che ci siamo tutti dimenticati dei figli? Intanto, in Ucraina ancora si fa fuoco. Stasera più forte. La promessa di ogni guerra é che nella notte sarà ancora più forte. Come il freddo che non dà pace.