Da Trento suggerimenti per una Catanzaro sostenibile e rigenerata

Il workshop degli universitari trentini guidati dal professore urbanista (calabrese) Giuseppe Scaglione. Oggi l’incontro con il sindaco Fiorita

Occorre una buona dose di esuberante disinvoltura per addentrarsi con piglio autoriale in un tema, la rigenerazione urbana e la progettualità urbanistica di una città “altra”, sul quale si sono infranti decenni di incompiute aspirazioni tecniche e intellettuali spesso rimaste alla fase di potenza senza riuscire a tradursi in atto compiuto.

 

 

 

Dotazione che gli studenti del terzo anno del corso di Architettura dell’Università di Trento dimostrano di possedere in grado più che soddisfacente nell’affrontare il compito che il loro docente di Progettazione Giuseppe Scaglione ha loro assegnato di pensare soluzioni sostenibili urbanistiche per la città di Catanzaro che, rispetto alla loro sede di studi, è distante non solo geograficamente ma, per quel che più conta, rispetto a tutti i parametri socio economici di usuale riferimento.

 

 

Ci studiano sopra da diversi mesi ormai, e a completamento della fase di ricerca e di prima stesura, sono arrivati a Catanzaro dove per tre giorni hanno fisicamente percorso luoghi e visionato panorami in precedenza giunti loro per intermediazione mediale. Sembrerebbe uno scioglilingua, ma sono più o meno una trentina di giovani trentini che vengono studiando… Di tutto hanno dato saggio nel workshop che è durato un intero – insolito – pomeriggio nella sala conferenze del san Giovanni, confrontandosi con esponenti delle professioni e della movimentazione culturale cittadina e dell’immediato hinterland.

 

 

“Il progetto nasce da una mia idea – dice a Catanzaro Informa il professore Scaglione – docente universitario a Trento ma calabrese di origine. Ma nasce anche dall’idea di lavorare sulla complessità ovvero su luoghi difficili sui quali misurarsi adottando una soluzione progettuale diversa. E poi da un interesse per Catanzaro come città che catalizza una serie di problematiche lavorando sulle quali è possibile lavorare e apprendere, migliorando le strategie progettuali”.

 

 

Gli chiediamo come si è strutturato l’impegno accademico degli studenti, che, divisi in una mezza dozzina di gruppi di studio, hanno illustrato i loro elaborati. “Abbiamo cominciato all’inizio del semestre a febbraio – spiega Scaglione – abbiamo avuto ospiti da Catanzaro che ci hanno raccontato la città. Io stesso ha fatto tanti sopralluoghi iniziati dall’autunno, ho incontrato amministratori, ho costruito un quadro di conoscenze e poi con i ragazzi siamo entrati nel vivo delle questioni arrivando a particolari e interessanti soluzioni che offriamo con generosità alla città. Domani (oggi, ndr) incontreremo il sindaco di Catanzaro per raccontargli il tutto ma anche per avere da lui ulteriori feedback e input anche perché è autore di un bel programma per la città, una città integrata nella natura che è in qualche modo il leitmotiv del lavoro dei ragazzi”. Il tutto sarà oggetto di veri e propri esami curriculari nelle due sessioni estive. Intanto ciò che più ha impressionato i gruppi di studi, prima da remoto e adesso sul campo è “la stratificazione di positivo e negativo, l’idea che questa città sia un po’ implosa e che abbia tante potenzialità che non sfrutta. E poi ottemperando al loro desiderio come parte della generazione di Greta Thunberg la ricerca di un approccio più ecologico, più vicino alla natura”.

 

 

 

Un approccio globale che disegna nuova spazialità pubblica, mobilità sostenibile, riqualificazione e riuso dell’esistente, ricucitura delle tante isole che attualmente costituiscono l’arcipelago cittadino. Se questa è l’impostazione teorica, il lavoro degli studenti è sceso nella realtà urbana, sia nella visione generale di un raccordo ecologico sul versante est, lungo la vallata del Musofalo, sia nei singoli, tanti, edifici e spazi vuoti, dismessi, non utilizzati, curiosamente quasi tutti localizzati sulla stessa direttrice orientale: il centro commerciale di Parco Romani, l’ex Gasometro, il parcheggio multilivello del Politeama, il vecchio ospedale. Al di là della fattibilità delle soluzioni prospettate per ciascun edificio, c’è sicuramente necessità di un approccio globale che, secondo l’antropologa dell’Accademia di belle arti di Reggio Calabria Patrizia Giancotti, deve ravvivare lo spirito di comunità e un rinnovato rapporto con la natura e con il ricco apparato verde che cinge la città.

 

 

 

 

 

Ad ascoltare i suggerimenti il vice sindaco con delega all’Urbanistica Giusy Iemma e l’assessore alla Cultura Donatella Monteverdi, mentre diversi i contributi apportati non solo dal mondo delle professioni più direttamente implicate sul tema urbanistico, ma anche dal più vasto e ricco movimento culturale presente in città e nel circondario: perché i luoghi oltre che costruiti e infrastrutturati devono essere agiti e abitati, necessariamente con attività economicamente fruttuose. Non per nulla il titolo esteso del workshop recitava: Tra natura, rigenerazione, architettura, paesaggio, design, mobilità, cultura. Da qui la ricca campionatura di interventi mirati da parte di Eros Corapi presidente degli architetti e dei suoi colleghi Biagio Cantisani e Pasquale Iaconantonio, di Gerlando Cuffaro presidente degli ingegneri, di Angela Sposato (Sciabaca Festival), Vincenzo Costantino (Mudiac Museo diffuso di arte contemporanea), di Emilio Leo dell’omonimo lanificio, della ceramista Giuliana Furrer, di Giuseppe Talarico grafico e curatore di The Calabreser, la calabresità raccontata attraverso le copertine di una rivista immaginaria che riecheggia The New Yorker.

 

 

 

 

Molto apprezzate, infine, e provocatorie nell’illustrare il disfacimento del non finito (Parco Romani, bretella di collegamento con l’ex stazione di Catanzaro Sala) le fotografie di Luca Chisté anche con l’esasperazione apportata dall’infrarosso in cui risalta l’abbacinante chiarore della vegetazione spontanea che invade e contamina l’abbandonato cemento degli umani. Senonché capita, ai meravigliati studenti, di rivivere nell’esuberante esplosione di un albero di limoni spuntato dalle crepe di un impiantito la stessa frenesia che colse Eugenio Montale: “Quando un giorno da un malchiuso portone/tra gli alberi di una corte/ci si mostrano i gialli dei limoni;/e il gelo del cuore si sfa,/e in petto ci scrosciano/le loro canzoni/le trombe d’oro della solarità.