Il ricordo di Mario Casalinuovo ha inaugurato il ciclo della Camera penale sui grandi penalisti foto

Nella relazione dell’avvocato Vincenzo Ioppoli anche il lato politico e umano di una personalità a tutto tondo, esempio per la nuova generazione forense

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La relazione dell’avvocato Vincenzo IoppoliUn lungo applauso ha suggellato il temine della prolusione tenuta dal penalista Vincenzo Ioppoli in onore di Mario Casalinuovo (1922-2028) nel primo degli incontri che la Camera penale di Catanzaro “Alfredo Cantafora” dedica al ricordo dei grandi avvocati del Foro di Catanzaro in favore delle giovani generazioni forensi. Così ha voluto il presidente dalla Camera, Francesco Iacopino, d’accordo con il direttivo, riprendendo l’idea portata a compimento da Ioppoli, suo predecessore tra il 2000 e il 2006, che il 16 gennaio 2003 promosse un analogo convegno nella grande sala delle udienze della Corte d’appello, quando fu proprio Casalinuovo a celebrare l’Alfredo Cantafora, altro insigne giurista, cui è intitolata la Camera dei penalisti catanzaresi. È il nobile gioco dei rimandi storici e culturali andato in scena nella Sala dei concerti di Palazzo De Nobili, ancora più ridondante di suggestivi ricorsi considerando che a fondare la Camera penale dell’allora grande provincia di Catanzaro fu nel 1988 lo stesso Casalinuovo in un momento cruciale per la professione e in generale per la giustizia italiana, con il mondo forense in trepida attesa dell’avvio del nuovo codice di procedura penale. Il nuovo processo di tipo accusatorio avrebbe da lì a qualche mese lasciato alle spalle il vecchio rito inquisitorio nel quale l’avvocato era escluso dal procedimento fino al processo dove la sua unica arma erano l’arringa, l’artifizio della parola, la concatenazione logica della retorica. Un’arte nella quale Mario Casalinuovo era vera eccellenza, ampiamente riconosciuta dai colleghi se è vera, come è vera, la confidenza raccolta dal giovane avvocato Ioppoli dall’affermato Alfredo Cantafora: “Casalinuovo anche nel processo più arido e arduo riesce a trovare sempre argomenti importanti di difesa. Riesce a spremere il succo anche dalle pietre”.

Figlio e fratello d’arte, Mario Casalinuovo. Figlio di Giuseppe, avvocato dei principali processi del suo tempo, fondatore nel 1919 della rivista “La Calabria giudiziaria”, uomo di profonda cultura, grande poeta del 900 italiano come testimonia la raccolta “Giornata breve” edita da Laterza. E fratello di Aldo, uno dei più celebrati “campioni italiani della toga”, presidente del Consiglio nazionale forense per 15 anni, deputato, docente alla Sapienza. E anche padre d’arte, se la categoria è codificata, perché il figlio Aldo è penalista in piena attività, già presidente della Camera penale di Catanzaro succedendo nella carica a Vincenzo Ioppoli e precedendo Francesco Iacopino.

Potrebbe bastare questo continuato inanellare persone e fatti a dare un’idea dell’importanza del personaggio. Senonché Mario Casalinuovo fu molto di più, tanto che la pur lunga, meticolosa, appassionata relazione svolta da Vincenzo Ioppoli ha dovuto forzatamente andare a balzi tra le numerose pietre miliari che hanno contrassegnato il suo cammino professionale, politico e umano. Ioppoli ha testimoniato da persona altamente informata dei fatti, avendo svolto accanto a Casalinuovo il ruolo di segretario della Camera penale, ufficio nel quale ha toccato con mano la meticolosità del presidente nel plasmare l’ancora giovane organismo e nell’organizzare i numerosi convegni che, per i temi trattati, dalla crisi nei rapporti tra avvocatura e magistratura alla giustizia mediatica al rapporto tra politica e giustizia – erano i tempi in cui i rispettivi confini erano labili, con Carlo Taormina per esempio sottosegretario all’Interno e titolare della difesa in importanti processi – risultano ancora di impressionante attualità.

Mario Casalinuovo, sembra perfino pleonastico ricordarlo, è stato anche politico a tutto tondo, primo presidente nel 1970 del neonato Consiglio regionale della Calabria, deputato, sottosegretario di Stato, ministro dei Trasporti nel governo Fanfani tra i 1982 e il 1983. Rispettoso dei ruoli, lasciò le cariche sociali nell’assumere ruoli di rilevo nelle pubbliche amministrazioni, convinto com’era che tutti gli impegni debbano essere onorati con il massimo della dedizione. A oggi Vincenzo Ioppoli non è riuscito a capire se in lui prevalesse l’amore per l’avvocatura o la passione per la politica. Scegliendo, dovrebbe propendere la prima, se non altro perché ricorda un breve colloquio avuto da giovane avvocato con l’avvocato di fama, quando imbarazzato si trovò a chiedere come lo dovesse appellare, se onorevole o avvocato o collega o cos’altro. “Ma tu, quando mi chiami avvocato, comprendi tutto,” fu la risposta illuminante di Casalinuovo che del rapporto con i giovani colleghi faceva impegno costante, prodigo di consigli e generosa fonte di insegnamenti, condensati nel capitolo “Per i giovani avvocati” del suo volume “L’avvocato penale del 900” nel quale riafferma il valore, mutuato dai suoi vecchi maestri, del ”respirare l’aria delle udienze, conoscersi e farsi conoscere, ascoltare, studiare, approfondire ogni caso passato sotto la propria osservazione. Sono consigli di vita, di deontologia, di indirizzo. La formazione dell’avvocato è difficile e complessa, ma anche di fronte al nuovo i principi di fondo non mutano”. “I suoi principi, i suoi insegnamenti – ha detto in conclusione Vincenzo Ioppoli – sono rimasti sicuramente attuali. Posso affermare con assoluta certezza che sono tra quelli che mi hanno portato ad amare la professione, a coglierne il senso, la bellezza e il sacrificio, fosse anche quella della vita”.

A completare il ritratto del Casalinuovo politico, con il tocco di rosso del suo essere profondamente e convintamente socialista, c’ha pensato da vecchio democristiano Franco Cimino, unico intervento in chiusura di serata. Appartenenza politica esercitata, ha ricordato Cimino, con sagacia e dedizione anche nel Consiglio comunale di Catanzaro.

Una vita piena, insomma, quella di Mario Casalinuovo. Che ha trovato tempo e modo anche per essere deportato, da soldato, in un campo di prigionia in Germania fino al termine del secondo conflitto mondiale. Una vita piena di impegno e di soddisfazione, toccata da quell’episodio drammatico. Così come dal momento tragico e permanente della morte a diciassette anni, per incidente stradale, dell’adorato figlio Giuseppe, tra l’altro a lui somigliantissimo. Ioppoli l’ha voluto ricordare, per rendere l’uomo nella pienezza delle sue molteplici sfaccettature, davanti ai suoi familiari citati, in apertura da Francesco Iacopino: i figli Aldo e Giuseppina, la nipote Fernanda. Una serata coinvolgente, in conclusione, che ha raggiunto i livelli di empatia e di affluenza attesi, nonostante la pioggia intercorsa. Semmai, per i fini per i quali è stata pensata – il ciclo si intitola “I penalisti di ieri nel ricordo dei penalisti di oggi come esempio per i penalisti di domani” – avrebbe meritato una più ampia partecipazione dei giovani avvocati. C’è molta distrazione, verrebbe da pensare. Ma c’è sempre, comunque, tempo per recuperare.

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