Come ti desertifico dieci quartieri con una mossa sola

La chiusura contemporanea delle scuole Maddalena, Carbone, Chimirri, per tacere di Mazzini e Stratò, ha prosciugato linfa vitale dal centro storico della città. “Chissu è nu riona mortu”

di Raffaele Nisticò

SCUOLE DIMENTICATE

 

“Menomale che c’è rimasto il macellaio”.

La signora che alle sette e mezza porta a spasso il bisognevole amico a quattro zampe e vede il cronista impegnato a fotografare la razionale facciata della Maddalena, ringrazia la permanenza dell’esercizio al culmine della piazza che due grandi aiole disegnano a incrocio, scuote la testa e passando oltre commenta ad alta voce: ”Era una bella scuola questa, ci siamo andati tutti. Poi l’hanno chiusa, hanno chiuso la Mazzini, guardate come è ridotta, e qui non è rimasto niente. Chissu è nu riona mortu”. Morto per dimensionamento.

L’ansia da prestazione scolastica è scoppiata intorno all’inizio del nuovo secolo, quando per giustificare la necessità vera di risparmiare sulla spesa pubblica si inaugurò la stagione della distorta incombenza di comprimere sanità e scuola, ovviamente pubbliche. Per la scuola si inaugurarono le misure totemiche del sovra e del sottodimensionato, ufficializzate nel famigerato dispositivo normativo del “Dimensionamento scolastico” adottato anno dopo anno dagli enti competenti, il Comune per gli Istituti comprensivi di prima infanzia e media, la Provincia per gli Istituti secondari.

Le vittime cadute sul campo sono parecchie e ogni città ha le sue croci, le sue Colline degli stivali dove giacciono prive di pietose fioriture diverse scuole che qui abbiamo denominato “Scuole dimenticate” e che, per l’appunto e di converso, Catanzaroinforma vuole ricordare. Tra queste ne annoveriamo tre che distano l’una dall’altra poche centinaia di metri, due addirittura confinanti e riunite in quella che una volta era la II Direzione didattica, facendo sospettare, in questa vicinanza, rafforzata dall’analoga sorte della contigua “Mazzini”, addirittura un accanimento soppressorio. Per giustificare il “misfatto”, semplifichiamo ma non di molto, si prese la palla al balzo dei timori delle responsabilità oggettive in conseguenza di eventi catastrofici analoghi al terremoto aquilano del 2009.

Edifici fino ad allora perfettamente in grado di reggere l’attività di centinaia e centinaia di scolari studenti docenti tecnici e amministrativi furono dichiarati da una settimana all’altra pericolosi e quindi inagibili, pertanto chiusi d’autorità. Strade e vicoli, slarghi e piazze del centro storico, in quella sua parte declinante verso l’antica Porta marina, popolate ogni mattina e anche ogni pomeriggio di bambini e adolescenti, di genitori e di nonni, animati da piccole e diffuse attività commerciali e artigiane, quasi all’improvviso si zittirono, si svuotarono, inaridirono nel deserto civile nel quale anche oggi per molti versi sopravvivono. La scuola elementare Maddalena, l’elementare Carbone, la scuola media Bruno Chimirri, per tacere della Mazzini, non erano “solo” scuole, erano la vita stessa dei quartieri che gravitano intorno: Pianicello, Stella, Maddalena, Porta di mare, Filanda, Bellavista, Fondachello, Stratò, Piano Casa, Samà.

La maestra Pina Ierardi e la direttrice Rosa Provenzano

Giuseppina Ierardi
PINA IERARDI

Dice oggi Giuseppina Ierardi, maestra per 45 anni fino al recentissimo pensionamento: “La Maddalena e la Mazzini erano scuole storiche e gloriose, anche per me che ero originaria di Mesoraca nel crotonese perché ne parlavano tutti. Per me la Maddalena, giovane maestra, era il massimo, e ringrazio Dio di avere messo piede in quella scuola, diretta all’epoca dalla dirigente Rosa Provenzano, figlia del celebre ispettore Provenzano. Credo che la dottoressa Provenzano sia stata l’espressione più alta dei dirigenti, che allora non chiamavamo dirigenti, bensì direttori e direttrici didattiche perché loro compito principale era di interessarsi della didattica. Adesso sono dirigenti, sono manager, sono di tutto un po’ però non hanno valenza specifica, nel senso che superano concorsi difficilissimi però dal punto di vista prettamente didattico si interessano molto di meno i dirigenti, hanno altro cui pensare. La Provenzano diceva sempre, e me lo sono ricordato durante tutta la carriera:

“Ricordatevi che non sforniamo saponette, abbiamo bambini in formazione”.

La scuola non può essere un ‘azienda, la scuola è una scuola, e io ho creduto in questo. Pensavo che andando in pensione sarei caduta in depressione, non è così: rimpiango i bambini, mi mancano i genitori con cui ho sempre costruito rapporti stupendi, ma la scuola in sé non mi manca perché non è quella che intendo io. Non c’è più il bambino al centro, ci sono i numeri che ti dà l’Ufficio scolastico regionale, a cui bisogna attenersi: se hai 100 bambini ti do 7 insegnanti, forse 6 o 6 e mezzo. Ma scherziamo… Con tutto ciò, la Provenzano amava la vita pratica, e nel bel giardino c’era spazio per un piccolo orto dove finanche zappava mentre i bambini capivano come lavora il contadino“.

SCUOLE DIMENTICATE

“Alla Maddalenaricorda la maestra Ierardiho realizzato le più belle cose, i più bei progetti. Di tutto conservo ancora i quaderni. Quanto si lavorava, sia dal punto di vista didattico che da quello socio culturale. Per esempio il progetto dei linguaggi cinematografici, gestito dalle Università Tor Vergata e Roma Tre, insieme con Limes Calabria di Dino Vitale preside del liceo classico, e con i formatori Maria Graziosa Costa e Maria Gullì. Venne a vedere i lavori di questi bambini anche il maestro De Seta. Praticamente le formatrici facevano vedere come si costruisce un film, come si monta e da lì poi facevano dei report, degli album con tanti disegni. Abbiamo fatto anche un “Comenius”, corrispondevamo con dei bambini del Portogallo con i quali ci dovevamo incontrare, e poi per motivi diversi non è stato possibile. Ma poi tante cose belle, tante gite scolastiche, in Sicilia, in Campania, cosa che adesso ai bambini sembra una cosa impossibile, a parte la pandemia. Dei miei primi alunni la gran parte sono laureati, molti insegnano all’università, alcuni alla Luiss, alla Bocconi”.

“Il secondo circolo didattico di Catanzaroracconta ancora la maestraera costituito da Maddalena e Carbone e poi c’era l’infanzia che era al primo piano del Carbone. Avevamo le sezioni A B C e D e ogni classe era formata da 24-25 bambini. Nelle stesse classi convivevano, per così dire, i figli della crema di Catanzaro e i bambini che erano all’Istituto Stella, i bambini che erano dalle suore del “Don Vero” che avevano tanti problemi, loro e i genitori. Avevamo questo target, dal figlio del più ricco a questi bambini cui prestavamo attenzione… Ricordo con piacere il buon rapporto con un commissario di polizia che aveva a cuore le sorti di un paio di bambini che erano veramente in condizioni disagiate, li portava finanche a casa presso la sua famiglia”.

La scuola era il quartiere, e il quartiere era la scuola. “Episodi, tanti.confida Pina Ierardi Belli e brutti. Bambini difficili, figli del disagio, situazioni problematiche da affrontare giorno dopo giorno. Ma ricordi piacevoli, tanti. Facevamo i presepi viventi, allestivamo le botteghe in quel lungo corridoio della Maddalena con i vari artigiani del quartiere, il calzolaio, il tappezziere, l’idraulico, e poi sulla scala che andava al secondo piano c’era il Coro degli Angeli che dirigevo io stessa”. Mostra con orgoglio le copie dei giornali del tempo, prima di riassumere le ultime vicende: “La Maddalena è stata chiusa 12 anni fa, siamo stati accorpati a Catanzaro Nord-Est. Prima siamo andati al palazzo Petrucci, sotto l’ex Standa, oltre cinque classi ospitate al Convitto Galluppi, fino a quando, nel 2017 non siamo stati accorpati al Convitto, dove ho terminato la mia carriera. Ah, dimenticavo…Un mese prima della chiusura inaugurarono l’ascensore interno, con tanto di intervento delle autorità”.

Il Monastero delle Convertite, da donne di facili costumi a suore dagli abiti costumati

La Maddalena
SCUOLE DIMENTICATE

La scuola elementare Maddalena, leggiamo da una copia del “Progetto lettura” diretto dalla maestra Ierardi e redatto dagli scolari dell’anno 1997/1998, fu costruita nel 1926 occupando il posto dove sorgeva un antico monastero di clausura, fondato nel 1560 sotto il pontificato di Pio IV con il titolo di S. Caterina. In quel periodo, grazie alle predicazioni del cappuccino Fra Tiberio da Milano, quaresimalista nella Cattedrale, ventidue donne di facili costumi si convertirono e andarono a vivere nel monastero, denominato da allora “Monastero delle Convertite della Maddalena” in ricordo di quella Maddalena alla quale Gesù perdonò i peccati. Duecento anni dopo, nel 1784, il Monastero della Maddalena venne soppresso con un dispaccio reale. Il 29 dicembre 1814 Gioacchino Murat, molti edifici essendo stati danneggiati dal terremoto del 1783, concesse al Comune di Catanzaro l’utilizzo dell’ex monastero come caserma di Gendarmeria. La concessione durò solo un anno, perché, cessata nel 1815 l’occupazione francese, il Demanio insediò nell’ex monastero l’Ufficio dei dazi indiretti. Nel frattempo, nella chiesa annessa al soppresso monastero era stata trasferita la chiesa di San Biagio che, in origine, fondata ancor prima della visita di Papa Calisto II nel 1122, sorgeva nella aiola superiore, a forma triangolare, dell’attuale piazza Marincola Cattaneo. Nel 1826 il vescovo di Catanzaro Emanuele Bellorado chiese che i locali occupati dal Demanio fossero adibiti a “Reclusorio di giovani civili e oneste che bramino un sacro asilo”.

Il governo borbonico si mostrò favorevole, ma l’approvazione non ci fu. Il successivo vescovo Matteo Franco chiese invece il ripristino dell’antico monastero della Maddalena che fu concesso l’8 agosto 1835. Dopo i lavori di ripristino il monastero fu inaugurato con solennità il 19 giugno 1936, con annesso un Educandato per ragazze che divennero presto suore, e delle quali la cronaca dell’anno scolastico 1997/98 riporta nomi e cognomi, compiti da svolgere, retta da pagare, dotazione d’ingresso, dote da versare, vestiario da novizie e da suore, visite consentite, devozioni giornaliere, menu. Alterne vicende portarono alla soppressione definitiva del monastero nel 1866, regno sabaudo. Nel 1906 il Comune realizzò le scuole normali maschili e alcune classi delle scuole comunali. Nel 1926 il vecchio monastero fu quasi demolito e al suo posto sorse l’attuale scuola comunale.

Il Carbone, la Refezione e le Scuole civiche di Teatro

Chi scrive ha frequentato le elementari sia al Carbone che alla Maddalena. Giunto da privatista alla seconda classe, la frequentò al Carbone, prima il maestro Raione poi la maestra Leone in terza. In quarta e in quinta passò alla Maddalena, maestra l’insegnante Panucci. Erano tanto affollate le classi e così numerosi gli alunni che si alternavano i turni tra mattino e pomeriggio. Al Carbone funzionava, in un locale vicino al portone d’ingresso, dietro una porta in ferro, la “Refezione scolastica”, oggi, più comunemente, mensa. Nessun genitore accompagnava il figlio a scuola, tra bambini all’uscita si faceva a cartellate – gli zaini erano di là da venire – qualcuno le prendeva ma poi le rendeva. Esercizi per diventare grandi.

Il plesso del Carbone ha sempre vissuto in osmosi con la Maddalena. Non ne siamo sicuri, ma è facile pensare, come nei palazzi a incastro del “Cimitero di Praga” di Umberto Eco, che un passaggio assicuri la comunicazione tra le due scuole. Di sicuro, a metà della scalinata c’è ancora la porticina in ferro che apriva sulla sala della refezione, accesso alla facciata posteriore della Maddalena che qui affaccia imponente con un triplice ordine di finestre. Come indica il nome, si apre sulla via tutta a larghi scalini, dove un tempo i carbonai vendevano la loro preziosa mercanzia. Sulla colonna del cancello resiste ancora il pannello dell’Officina di teatro operante nell’ambito delle Scuole civiche di teatro, nate nel 2011 dalla collaborazione delle principali realtà che a Catanzaro si occupavano, e ancora si occupano, di teatro “dal basso”, con la partecipazione a vario titolo di artisti come Lillo Zingaropoli, Salvatore Emilio Corea, Giovanni Carpanzano e Francesco Passafaro. L’esperienza fu, come si dice, breve e intensa. Una vocazione artistica del Carbone confermata dal prossimo suo utilizzo come sede di laboratorio dell’Accademia di belle Arti.

Al termine della scalinata, verso lo sbocco su Porta di Mare, staccata dal resto delle costruzioni dal più stretto vicolo della città tanto che a stento ci passa una persona dalle spalle larghe, c’è la cappella con il quadro che raffigura la Madonna delle Grazie, meglio conosciuta come Madonna del Carbone. Il dipinto dell’altarino, secondo la devozione che lo circonda, è stato rinvenuto intatto, la mattina di un tempo lontano, nel deposito di un carbonaio vicino ai carboni ardenti.

La Cappella
SCUOLE DIMENTICATE
Vicolo
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La media Bruno Chimirri, un grande futuro dietro alle spalle

Dal Carbone a via Antonio Masciari, dove si apre – o meglio sarebbe dire si chiude – l’edificio della scuola media Bruno Chimirri, sono poche centinaia di metri. La scuola fu edificata negli anni 60 del Novecento, occupando lo spazio residuo tra via Marincola Pistoia e la scalinata di via Antonio Masciari, tra Porta di mare e Fondachello, e arrivando a confinare con la caserma dei carabinieri di Borgo, che occupava lo stretto gomito che la Marincola Pistoia descrive proprio in quel punto. La costruzione della scuola fu anzi l’occasione propizia per abbattere il vetusto edificio dove alloggiarono, nelle segrete che davano proprio sulla via, tanti che avevano incrociato la legge in senso contrario. Era, pertanto, una bella scuola, edificata secondo criteri moderni, con ampi parcheggi, una capiente palestra, spazi verdi e curati, facilmente accessibile da più entrate, con annesso alloggio per il custode e la sua famiglia. Dotata anche, le testimonianze concordano, in aula magna di due pianoforti, uno a coda e uno verticale, di cui non si hanno più notizie certe.

Scuola Chimirri
SCUOLE DIMENTICATE

Destino che la Chimirri, condivide, curiosamente, con l’altra “dimenticata”, la media Mazzini. Per alcuni anni la “scuola di Fondachello” fu media autonoma, intitolata al deputato e ministro della Giustizia di Serra San Bruno, eletto nel collegio uninominale di Catanzaro a fine Ottocento. Tuttavia, l’abbondanza di aule, più che sufficiente a contenere le tre classi delle tre o quattro sezioni della media, portò dapprima a ospitare su un intero piano la succursale dell’Istituto magistrale De Nobili diretto dall’autorevole preside Abigaille Giglio, poi a essere parte del Comprensivo inglobante la IV Direzione didattica che aveva sede nella vicinissima scuola elementare di via Cilea, prima di incappare nelle spire del dimensionamento scolastico il cui piano viene approvato dal Consiglio provinciale di Catanzaro il 15 dicembre 2008, integrato dalla seguente tabella:

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Da lì alla chiusura dell’edificio il passo è stato breve, sempre in funzione della clausola di precauzione post sismica.
Un plesso che a suo modo è stato anticipatore delle finalità insite nell’istituzione degli istituti comprensivi, perché ancora prima della loro normazione, lì si integrarono le realtà delle scuole dell’infanzia e del primo ciclo di media. Una sede ampia, utilizzata quando servivano grandi spazi, come l’esecuzione delle prove di concorso a cattedra, o le cerimoni di presa d’incarico da parte del personale. Un complesso che fu anche in predicato di accogliere l’Ufficio scolastico regionale prima del suo sbarco nel quartiere Lido.

Dei tre edifici si conosce la destinazione immaginata dal sindaco Sergio Abramo, impegnato in un’opera di rivitalizzazione del centro storico di cui tutti riconoscono la buona intenzione ma di cui molti contestano l’attuazione. Ne parliamo diffusamente negli altri segmenti di questo longform di “Scuole dimenticate”: forze armate alla Maddalena, laboratori artistici dell’Accademia al Carbone, studenti universitari alla Chimirri.

Il futuro: i progetti del Comune per la Maddalena

SCUOLE DIMENTICATE

Di Laura Cimino

Scuola Maddalena, ecco cosa sarà. Ecco sviscerato il progetto (guarda anche qui) , fondi regionali per 1 milione e 900 mila euro, lo ricordiamo, nelle sue caratteristiche tecniche e nelle ragioni ‘ideali’ , in un’intervista con l’ingegnere Giovanni Laganà, direttore del Settore Grandi opere della Città di Catanzaro.

2024: è questa, intanto, la data in cui la nuova struttura destinata a alloggi per le forze dell’ordine non dovrebbe essere più un progetto sulla carta ma parte della città, in base al cronoprogramma.

E poi, nelle scelte fatte, nelle parole del dirigente Laganà: la mancata finalità del rifare una scuola, vista la scarsa popolazione scolastica dei bambini nel centro storico. Il cambio d’uso, nei secoli, della Maddalena, ex convento, con cambiamenti strutturali che hanno creato il decadimento dei materiali e la dichiarata inagibilità.

Il progetto, che invece, nel ricostruire daccapo, fa guadagnare spazi e bellezza, fino a creare una nuova piazza, in un contesto urbano –sempre nell’idea del progetto approvato- rispettato completamente nella sua armonia, e nell’obiettivo del ripopolamento del centro storico.

SCUOLE DIMENTICATE

La chiusura nel 2011 e l’idea degli alloggi per forze dell’ordine

La scuola Maddalena chiude insieme alla Mazzini nel 2011, allora sindaco Michele Traversa. Chiude per questioni di inagibilità e in quel momento fu una possibilità di finanziamento non c’era.

Successivamente, nel 2018, attraverso una convenzione tra Regione e Comune di Catanzaro, viene inserita in un apposito programma per realizzare residenze per le forze dell’ordine, con fondi regionali, per un importo previsto totale di un milione e novecento mila euro, anticipazione data nel 2019, non avendo più esigenza per popolazione scolastica, l’edificio ben si prestava ai fondi regionali.

“Ma di quell’edificio – a parlare è il dirigente del Comune Laganà – non dobbiamo mai dimenticare la storia. La chiesa di San Biagio ed il convento accanto. La chiesa fin dalla sua fondazione, 1500, rimane nella sua connotazione, quello che invece non rimane nel tempo nella sua connotazione e viene stravolto anche sotto il profilo strutturale è proprio il convento, ovvero la struttura della scuola. Questo cambiamento di destinazione d’uso nei secoli provoca un decadimento dei materiali, ed è questo il motivo per cui dieci anni fa risultò inagibile.
Quindi c’è una ragione storico-stutturale. Le due intimamente legate”.
Da cosa nasce l’esigenza del concorso di progettazione?
“Per prima cosa voglio precisare che non è un concorso di idee. Questo fornirebbe alla Stazione appaltante un’idea. Il concorso di progettazione fornisce invece alla Stazione appaltante il progetto, e se hai i fondi per poter provvedere alla realizzazione la tempistica è verosimilmente rapida.”

La tempistica

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“Noi oggi siamo alla chiusura formale del progetto – prosegue l’ingegnere Laganà – i progettisti sono moto giovani, i loro nomi verranno resi pubblici ovviamente come da prassi a seguito delle verifiche amministrative.
E’ un concorso che prevede davvero un confronto tra più esperienze di tipo tecnico e quindi secondo me è un prodotto eccellente.
Entro il mese di ottobre 2021 – afferma il dirigente – possiamo avere il progetto definitivo, andando in Conferenza dei servizi entro novembre 2021 possiamo avere il definitivo approvato e poi per andare all’esecutivo il passo è rapidissimo. Entro fine gennaio potremmo andare in appalto. Poi possiamo prevedere un anno e mezzo per terminare i lavori, per cui 2024 possiamo avere questa opera.”

Si è scelto il concorso di progettazione per una ragione precisa, ovvero perché occorreva rispondere a una domanda: è meglio il restauro consolidamento o in verità per quella tipologia di opera e soprattutto per il contesto urbanistico in cui essa si colloca è preferibile la demolizione e ricostruzione?

Ma, in termini storico architettonici – non parliamo di un edificio che – per le ragioni sopra esposteha un’identità, ma di un edificio che ha solo ed esclusivamente un aspetto affettivo, tant’è che non è vincolato dalla Sovrintendenza, come lo è invece la chiesa di San Biagio, e se fosse stato vincolato sarebbe rimasto convento, non sarebbe stato stravolto col tempo nelle sue destinazioni, che hanno provocato l’inagibilità.
Davanti ad una scelta: se attivare un meccanismo di adeguamento sismico, che avrebbe portato sostanzialmente a preservare, ma cosa? E che sarebbe arrivato a percentuali basse, io diversamente con una possibilità progettuale faccio due cose: la prima do all’opera l’identità per la quale è stato fondato il finanziamento, gli alloggi per le forze dell’ordine, e poi recupero per la città una piazza e spazi.

Cosa prevede tecnicamente il progetto

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“Al momento chiesa e scuola sono attaccate. Andando alla demolizione- ricostruzione noi abbiamo da un lato la chiesa, poi c’è una struttura in acciaio rialzata che intervalla la chiesa dall’edificio, quello spazio sottostante diventa piazza, e la copertura della nuova costruzione diventerà giardino.
Un progetto bello e pensato, e anche ardito, nuovo ma non avveniristico, e c’è un aspetto fondamentale, anche dal punto di vista cantieristico con questo progetto siamo vincolati al centro della città di Catanzaro, che è un borgo, il borgo è connotato da una viabilità talmente complicata anche dal punto di vista delle carreggiate stradale che muoversi un quel contesto da un lato deve prevedere una costruzione che sia armonizzata ed integrata con il contesto, dall’altro con una possibilità di cantierizzazione dell’opera. Presenteremo a breve anche un plastico per far comprendere meglio l’intervento, soprattutto quanto sia compatibile con gli aspetti legati alla cantierizzazione. Si tratta di dodici alloggi con metratura variabile dai 40 ai 60 metri quadri, tutti dotati di parcheggi sotterranei.

SCUOLE DIMENTICATE
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Questo è uno degli interventi – conclude il dirigente del settore Grandi opere del Comune di Catanzaro Giovanni Laganà – che la città di Catanzaro ha pianificato per rivalorizzare il centro storico. Un centro storico di gran pregio, nel quale però, se si affonda lo sguardo, ma questo è un altro discorso, capisci che per quanto tu possa valorizzare gli edifici pubblici, c’è un problema, il mancato restauro e consolidamento degli edifici privati. Urge intercettare fondi per la rigenerazione con contributi a fondo perduto per i proprietari. Social housing, bed and breakfast, e di civile abitazione. Purtroppo molti residenti hanno abbandonato il centro storico e con esso gli edifici a se stessi”.

Ma le associazioni non ci stanno: No deciso alla demolizione della Maddalena. Chiediamo subito un incontro pubblico

Di Laura Cimino
La raccolta di firme per la Maddalena nel 2018, primo firmatario Salvatore Settis. Ora di nuovo una uscita pubblica, in una rete di associazioni (LEGGI QUI ), per chiedere un incontro con il Comune sul progetto della scuola Maddalena.
“Un confronto pubblico – a parlare è la presidente di Italia Nostra Elena Bova – perché la Maddalena è un luogo pubblico che interessa alla collettività, e la scelta delle destinazione come alloggi per le forze dell’ordine non ci convince”.

Elena Bova
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“La relazione della Sovrintendenza sulla Maddalena – afferma la presidente di Italia Nostra – nell’ultima parte aveva raccomandato di lasciare facciata e prospetto della struttura, quindi già il progetto non ci risulta corrispondente.
Già nel 2018 dicevamo come Italia Nostra abbiamo fatto una raccolta di mille firme, primo firmatario Salvatore Settis, perché riteniamo che non si può parlare di rigenerazione urbana demolendo manufatti storici perché il centro storico è stato già demolito troppo e non possiamo permettere che lo sia ulteriormente.
“Quando hanno chiesto i fondi per abitazioni per i militari (tra l’altro ormai le caserme sono tutte in periferia, quindi verrebbero ad abitare lì ma con i luoghi di lavoro tutti sparsi in periferia, avrebbero potuto individuare altri immobili) non era necessario – continua Bova – pensare alla scuola Maddalena, che comunque è sempre un manufatto nel quale la facciata è stata rifatta nel ’26 e pare ci siano anche tracce di cemento armato che forse sarebbe il primo di Catanzaro. Siamo assolutamente contrari.
Tra l’altro c’è la questione importante per la città della sede dell’Archivio storico, perché la sede dell’ex Macello non risulterebbe abbastanza capiente”.

Il Comune di Catanzaro, da parte sua, sostiene che i cambiamenti strutturali, nei secoli, dell’ex convento in scuola hanno determinato il deperimento dei materiali e l’inagibilità della struttura stessa, quindi la poca opportunità di mantenere questa destinazione d’uso dell’immobile. E la nuova costruzione creerà una riqualificazione di decoro e armonica dell’area.

Ma le associazioni non ci stanno. E rispondono: ‘’Non è solo la questione della scuola, la nostra richiesta a monte è ‘no alla demolizione’, non si demolisce più nulla in tutti i centri storici da anni.
Come associazioni tutte, non solo Italia Nostra, ribadiamo la necessità di un incontro pubblico con l’amministrazione comunale, perché un progetto di questo tipo nel centro storico deve essere condiviso il più possibile, a maggior ragione dopo la raccolta di firme già portata avanti.
Inoltre come Italia Nostra ha portato avanti con il legale legale, l’avvocatessa Raffaelli, più richieste di accesso agli atti, scontrandoci contro un muro di gomma, il Comune ci ha dato pochissime carte, quasi nulla, c’è la relazione pubblica della Sovrintendenza che chiede di mantenere facciata e prospetto dell’edificio Maddalena – incalzano dall’associazione – e non ultimo, ricordiamo che la scuola è un bene pubblico, quale vantaggio pubblico dovremmo avere dalla destinazione alle forze dell’ordine?

Il Comune – è il grido delle associazioni – ha il dovere di sentire la popolazione per un bene di interesse collettivo che interessa profondamente alla città. Come associazioni, visto che la scuola era inizialmente il Convento delle Convertite, avevamo anche pensato a creare una Casa delle donne nell’ex scuola, in un quartiere che è, meno male, ricco di immigrati e quindi con una funzione sociale che si allargherebbe anche di più.
Altra questione che vorremmo portare nel nostro incontro pubblico col Comune sul progetto: siamo davvero sicuri che, con tutta la presenza di bambini immigrati nel quartiere, la popolazione scolastica sia davvero così bassa? E’ stato fatto un censimento preciso?”.
Il dibattito, su questa ‘scuola dimenticata, che è poi un dibattito sul centro storico di Catanzaro, è, insomma, più che mai aperto.

Il “Carbone” ospiterà i laboratori dell’Accademia di Belle Arti

di Daniela Amatruda

Scultura, pittura e decorazione. Sono questi i principali laboratori dell’Accademia di Belle Arti che avranno sede nell’ex scuola Carbone.
Particolarmente entusiasta il direttore dell’Accademia Virgilio Piccari: “Finalmente avremo un luogo in cui allocare una parte di laboratori in attesa di poter interloquire con il sindaco e con la Regione in vista della volontà del Miur di finanziare la ristrutturazione di edifici storici da destinare alle Accademie di Belle Arti”.

Virgilio Piccari
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“Sappiamo che all’interno – spiega Piccari – la struttura è già pronta, mancano da completare solo alcuni lavori di ripristino all’esterno. Con molta probabilità tra fine agosto e primi di settembre i locali potranno essere già consegnati. In linea di massima si allocheranno con molta probabilità i laboratori di scultura, pittura, decorazioni e credo anche altri laboratori, ma prima faremo un’attenta analisi sul rapporto tra numero di iscritti e spazi a nostra disposizione tra la sede centrale, nella struttura dell’ex Educandato, e la ex Carbone”.

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“L’Accademia è un ente portatore sano della bellezza”

“Finalmente nel centro storico – dice il direttore dell’Aba – un ente di formazione terziario universitario trova spazio, nella speranza che questo possa diventare il volano affinché questa città possa riprendere valore con il linguaggio della cultura. Ritengo l’Accademia un ente portatore sano della bellezza. Questa città ha bisogno di fari che riaccendano i valori che l’hanno raccontata in tutta l’Italia come centro di eccellenza sul piano culturale”.

Alloggi nella ex “Chimirri” anche per gli studenti dell’Accademia

“Grazie al dialogo instaurato con il presidente della Fondazione UMG, il prof. Valerio Donato, anche gli studenti dell’Accademia, – spiega Piccari – appartenenti al sistema universitario, potranno usufruire della Casa dello Studente. La ritengo una conquista minima. Non voglio asserire con presunzione che doveva essere considerata un’operazione scontata, però i dialoghi servono proprio a questo”.

“Casa dello studente”: questa la nuova vita dell’ex scuola Chimirri

di Daniela Amatruda

Ospiterà 140 studenti la nuova residenza universitaria che sarà realizzata nei locali dell’ex scuola Chimirri. Il contratto con il Miur è stato già sottoscritto e dopo la registrazione alla Corte dei Conti che dovrebbe avvenire nel prossimo mese di settembre, si procederà con le attività operative: dall’espletamento della gara per i lavori alla realizzazione della struttura.

A spiegare tutti i dettagli è il presidente della Fondazione Umg, Valerio Donato che conta di realizzare anche la mensa all’interno della struttura e di fornire ai ragazzi anche attrezzature sportive.

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Problema trasporti

Donato mette in evidenza però la prima grande difficoltà, quella del servizio trasporti: “Ci sarà da risolvere – spiega – un problema molto grave e che riguarda i trasporti perché in questo momento per arrivare dal centro al Campus ci si impiega più di un’ora. Ovviamente con queste percorrenze non tutti gli studenti saranno incentivati a venire nel centro di Catanzaro, mi auguro quindi che le istituzioni pubbliche possano implementare l’offerta con un servizio navetta”.

Progetto per coprire le domande di tutti gli aventi diritto

“Ad oggi, all’interno del Campus – afferma il presidente della Fondazione Umg – le residenze possono ospitare fino 240 studenti. A questi si aggiungono questi altri 140 posti della Chimirri, ma vi è in cantiere una progettazione più ampia: siamo riusciti ad ottenere un finanziamento da parte della Regione per realizzare ulteriori posti letti all’interno del Campus, consentendo così, un giorno, di poter soddisfare l’intera domanda di residenze da parte degli studenti con diritto allo studio”.

“Ricordiamo – tiene a precisare – che gli alloggi agli aventi diritto sono comunque garantiti direttamente da parte della Fondazione con l’assegnazione di posti letto in strutture di proprietà o nella disponibilità di istituzioni pubbliche. In ogni caso, gli studenti che hanno diritto alla borsa di studio possono stipulare dei contratti di locazione che poi vengono rimborsati dalla Fondazione”.