Marco Polimeni sì, Marco Polimeni no

Il centrodestra valuta la permanenza dell’ultima candidatura interna ancora in piedi. Altrimenti, è pronta la caccia alla personalità esterna, di superamento, che preservi l’unità della coalizione

Cvd. No, non è la sigla dell’ultimo partitino della costellazione che inizia per centro e finisce con destra. Semplicemente è l’acronimo logico-matematico per dire “Come volevasi dimostrare”. L’anomalia formale è che di solito si pone alla fine di un ragionamento deduttivo, mentre qui è posto all’inizio di tutto, per rivendicare la giustezza di quanto sostenuto su queste stesse pagine solo qualche giorno fa, quando si adombrava che l’uscita di scena di Baldo Esposito prima e di Saverio Loiero poi avrebbe potuto trascinare di conserva l’altra candidatura “partitica” ancora in campo, quella di Marco Polimeni, presidente in carica del Consiglio comunale. D’altra parte, se consideriamo le sponsorizzazioni di ciascuno, non può che essere così.

Esposito era stato immesso sul tavolo dalla Lega, Loiero da Fratelli d’Italia, Polimeni da Forza Italia.

In una coalizione in cui non c’è chiara supremazia dell’una o dell’altra forza, anzi la contesa interna è ai massimi storici, era prevedibile che i veti incrociati alla fine ne avrebbero causato la reciproca e progressiva elisione. Non c’era unanimità all’inizio delle trattative, e la disomogeneità è andata accentuandosi con il procedere della discussione, ancorché ingarbugliata dall’immissione di ipotesi di trasversalità tutt’altro che fumose e accennate, ma portate a tavolo come possibili vie d’uscita, la più straniante quella di Valerio Donato, la meno eterogenea quella di Antonello Talerico.

Quella odierna è stata la giornata nella quale si sono valutate le chances residue per Polimeni, con rapide e incrociate consultazioni tra i decisori, più o meno concordi sulla necessità di trovare, insieme e finalmente, l’accordo su un nome che possa salvaguardare l’unità della coalizione, nella consapevolezza che la rosa non è molto corposa. E che, l’ultimo petalo “politico” da considerare, è proprio Marco Polimeni. Sul quale è notorio non ci sia unanimità di convergenza. Ma se non c’è sul presidente del Consiglio, è del tutto coerente non poter sussistere per nessun altro candidato “interno” alla coalizione.

Per cui, se cade Polimeni, non rimane altro che rivolgersi alla campionatura offerta dalla società civile. Quanto ampia, valida, spendibile, riconoscibile è la possibile scelta in quest’ambito? È chiaro che l’eventuale e adeguato candidato “civico” deve avere nelle stesse proporzioni tre qualità fondamentali: notorietà, indipendenza, autorevolezza. La prima serve per facilitare la sua immissione nel circuito mediatico, in politica non si inventa nulla dall’oggi al domani. La seconda è l’antidoto al velenoso incrocio dei veti. La terza è necessaria per arginare le invadenti velleità di gruppo o personali che non mancano mai. Individuare siffatta personalità è, come si intuisce, compito arduo ma non impossibile. Tanto che già in tarda mattinata se ne tracciava lo sfocato identikit, fatto di ambiti professionali più che di lineamenti facciali, favorendo gli ambienti medici rispetto a quelli forensi tanto per dare una svolta alla moda del momento, con prevalenza universitaria più che territoriale, proprio per aderire il più possibile ai tre canoni prima suggeriti. Abbiamo iniziato con un richiamo logico-matematico. È convenevole adunque finire citando, a sproposito probabilmente, la proposizione principe del Tractatus a ciò intitolato: Su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere.