Rumori molesti: il giudice rigetta il ricorso di un cittadino contro la movida a Lido

Affermata la discrezionalità del Comune nel disporre limiti e sanzioni

Un cittadino di Catanzaro, residente nel quartiere Lido, si è rivolto al tribunale civile di Catanzaro affinché il giudice ordini al Comune “di far cessare immediatamente le immissioni sonore eccessive in relazione al piano di zonizzazione acustica e in relazione alla zona dalla stessa classificata ovvero di adottare le misure necessarie per ricondurre tali immissioni nocive entro i limiti della soglia di tollerabilità” stabiliti dal Dpcm 14 novembre 1997, con riserva di chiedere risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti.

 

La vicenda, ricorrente e ultimamente doppiata nelle vie del centro storico, è la movida notturna determinata dall’afflusso nella stessa ristretta area cittadina di un numero considerevole di avventori, in prevalenza giovani, gravitanti fino a ora tarda intorno a i locali che hanno nella musica a forte volume un tratto essenziale della loro attrattività.

 

Il ricorrente “a fondamento della domanda – è scritto nel dispositivo della sentenza – ha dedotto che negli ultimi anni il quartiere marinaro ove risiede ha subito un fenomeno di autentico degrado causato dall’inquinamento acustico prodotto dagli esercizi commerciali in tutti i giorni della settimana e in particolare nelle serate di giovedì, venerdì, sabato e domenica, con rumori immessi che supererebbero la normale tollerabilità tanto dal non consentirgli di svolgere neanche le normali attività quotidiane (riposare; ascoltare la televisione; leggere un libro o parlare senza dover urlare). Il ricorrente ha, inoltre, dedotto che, nonostante tale situazione sia già stata denunciata alle autorità competenti, nessuna concreta misura volta a prevenire o contenere tale gravissimo fenomeno di ‘malamovida’ che genera degrado per la zona e disagio sociale per i cittadini residenti, è stata assunta dalle competenti Autorità amministrative”.

 

Il Comune di Catanzaro si è costituito in giudizio, difeso dai legali interni Saverio Molica e Santa Durante, sostenendo in via preliminare il difetto di giurisdizione del giudice ordinario e, nel merito, il rigetto del ricorso.

 

Il giudice Alessandra Petrolo della Seconda sezione del tribunale civile, a scioglimento della riserva assunta all’udienza del 25 ottobre 2022, ha depositato il 14 novembre la sentenza con la quale ha rigettato, con compensazione delle spese, il ricorso del residente nel quartiere Lido dopo avere acclarato la propria piena giurisdizione “in quanto volta alla tutela dei diritti soggettivi lesi dalle immissioni, senza investire alcun provvedimento amministrativo, essendo, d’altra parte, la P.A. priva di qualsiasi potere di affievolimento del diritto alla salute, garantito dall’articolo 32 della Costituzione”, in ciò confortata anche da una recente ordinanza (21993 del 12 ottobre 2020) delle Sezioni riunite della Cassazione.

 

Nel merito, tuttavia, il giudice ha stabilito che il ricorso non può trovare accoglimento. Essendo pur vero, come sostenuto dal ricorrente, che “il Comune di Catanzaro, in passato, è intervenuto attraverso l’adozione dell’ordinanza sindacale 3852 del 8 maggio 2014 volta a disciplinare gli orari di chiusura delle attività di intrattenimento musicale la quale tuttavia si è rivelata del tutto insufficiente, anche in ragione del fatto che alla stessa non è mai stata data concreta ed efficace attuazione”… “ribadito il potere in capo al giudice ordinario di ordinare alla Pubblica Amministrazione un positivo facere, a tutela del principio del neminem laedere, mediante l’adozione delle misure ritenute più idonee, deve tuttavia osservarsi che il suddetto potere incontri un limite nelle scelte discrezionali dell’Ente Pubblico nel governo del territorio dovendo, quindi, ritenersi che al giudice ordinario sia inibito intervenire in un ambito connotato da discrezionalità tecnica, quale quella del caso in esame ”. Il giudice, insomma, non interferendo con le scelte discrezionali dell’amministrazione “non potrà spingersi fino ad imporre all’amministrazione le scelte organizzative del comune, quali ad esempio la predisposizione di un adeguato servizio di vigilanza, la revoca delle licenze, la fissazione di un orario di chiusura degli esercizi commerciali, o l’abolizione dei dehors dell’intero centro cittadino”.

 

Ritenendo il giudice di potersi uniformare a una recente sentenza del tribunale di Torino (1261/2021) secondo la quale non è “il giudice a poter organizzare il servizio di vigilanza di un intero quartiere, andando a incidere sulla distribuzione della Polizia municipale nel suo complesso e sul coordinamento con le altre Forze preposte al controllo della pubblica sicurezza” non trattandosi “di risolvere i problemi di una strada o di una piazza o di un tratto di lungomare; né di ordinare la collocazione di pannelli antirumore lungo un’autostrada o una linea ferroviaria, ma di decidere l’assetto di un intero territorio, con effetti su tutta la città”, la richiesta deve ritenersi infondata “considerato – scrive in sentenza il giudice Petrolo – che il bene della vita richiesto, ossia di ricondurre a tollerabilità i rumori provenienti da tutto il centro cittadino popolato da numerosi esercizi commerciali, non è giuridicamente conseguibile neppure a seguito di un eventuale giudizio ordinario di merito, non potendo il giudicante imporre all’amministrazione la chiusura di un numero indeterminato di locali o una regolamentazione degli orari di chiusura degli stessi senza che ciò si traduca in un’invasione della sfera riservata alla discrezionalità dell’ente pubblico nell’adozione delle scelte di governo del suo territorio”.