Coronavirus e web – Coronavirus e società

a cura:  Dott.ssa Claudia Ambrosio-Criminologa

 

Uno dei principali problemi a cui si è assistito nell’arco degli ultimi anni è stato il lento ma inesorabile assurgere della spersonalizzazione dei rapporti umani.

Il mondo virtuale appariva come un’oasi di pace, qualcosa a cui aspirare e comunque da preferire ai rapporti “in carne ed ossa” reputati, al contrario obsoleti e magari un po’ retrò.

Ed allora ecco il nascere e il proliferare delle piattaforme digitali, dei social network, dei multiformi universi paralleli dove manifestare il proprio essere in tutte le sue forme: amicizie nate on line, amori nati on line, vite trascorse on line a scapito degli incontri “reali” in piattaforme “reali” come cinema, teatri, oratori, parchi, strade, mondo.

Quanto banali apparivano quelle quattro chiacchere tra amici al giardinetto vicino casa, quanto fuori moda  erano coloro i quali non avevano un profilo Instagram dove postare frammenti di vita esibita ma forse non realmente assaporata, quanto tristi e ordinari gli snodi reali della vita.

Per mesi, anni si è assistito all’apologia del virtuale con tutto il suo carico di pregi e difetti, poiché come è noto in ogni manifestazione umana esiste il lato positivo ma anche l’inevitabile lato oscuro.

Si pensi alle derive virtuali di tanti fenomeni quali il bullismo, lo stalking, l’odio sociale, le truffe amorose, la diffamazione, la persecuzione e così via; fenomeni che hanno interessato criminologi, sociologi, psicologi e finanche il legislatore che è intervenuto in più di un’occasione per disciplinare con una normativa ad hoc il cyberbullismo e il porn revenge, privi, precedentemente di una tutela adeguata e specifica.

Poi accade l’inaspettato: dall’altra parte del mondo si sviluppa un virus prima mai visto, evidentemente non capito e di certo sottovalutato che nel giro di pochi mesi trasforma quella che era la vita “normale” dell’umanità nel copione di un film di fantascienza.

Come nel film, antesignano della saga, il “Pianeta delle scimmie”, un virus che doveva essere poco meno , poi diventato poco più ( ma comunque poco) di una banale influenza inizia a diffondersi in tutto il mondo facendo piombare la “civile” e moderna  umanità del XX secolo in una pandemia degna della peste manzoniana.

Gli attori ci sono tutti: gli scienziati che sembrano non capire nulla, i governanti che sembrano non capire nulla neanche loro trasformando di fatto quello che era un fenomeno circoscritto in una cancrena infetta per tutta la Nazione, i cittadini che per ironia della sorte o, forse, per incoscienza diventano tutti potenziali killer, potenziali untori, gli eroi ovvero l’esercito di medici, infermieri, operatori sanitari, volontari tutti impegnati in una guerra apparentemente senza fine, ed infine il resto della popolazione, i sani o presunti tali ( poiché il virus può anche essere asintomatico) i contagiati non necessitanti ricovero, ed infine i messi in quarantena, tutti costretti giustamente ad una reclusione domiciliare forzata.

E proprio in questo scenario da film arriva il momento inaspettato, arriva la svolta, la trovata geniale del regista quella che trasformerà il film in un capolavoro: l’umanità migliora, riscopre il valore di quello che aveva e che da tanto tempo aveva dimenticato o forse dato per scontato.

Capisce che il virtuale non gli basta, che è bello vedere il prossimo, che è bello uscire, fare una passeggiata con il cane, vedere i propri amici, riscoprire il valore di un abbraccio.

Proprio nel momento in cui si impone di restare a casa, si creano misure di contenimento che vietano comportamenti connaturati nel nostro DNA come stringerci la mano, si prescrivono distanze per la sicurezza propria e altrui, l’uomo riscopre il bisogno “fisico” dell’altro, il bisogno di quel calore umano prima considerato roba per nostalgici romanticoni.

Come spesso accade nei momenti di crisi l’umanità ha l’occasione di migliorare, di riflettere, di capire e magari di rinascere migliore di prima.

Alcuni miglioramenti già si vedono ed è proprio il web a mostrarli: ora, infatti, che tutta l’umanità è alle prese con un problema reale e reclusa a casa, finalmente si assiste ad un uso più consapevole del web!

I social, ad esempio, vengono impiegati per aiutare le persone a restare a casa, per motivarle a resistere, si canta, si balla virtualmente insieme, si organizzano flash mob per creare unità fra tutti noi, per capire che non siamo soli, anche se isolati nelle nostre case.

Il web mostra il suo lato più nobile: si rivela strumento prezioso per i lavoratori, permettendo loro di lavorare da casa attraverso le forme di smart working, che consentono di continuare ad offrire servizi importanti per la comunità, senza, però mettere a repentaglio la vita dei lavoratori, soprattutto di quell’esercito di precari, senza ferie e senza diritti, spesso tenuti sotto scacco dalla paura di non avere il rinnovo del contratto; aiuta i ragazzi che non possono andare a scuola garantendo forme di didattica a distanza; aiuta le persone a passare il tempo e a sentirsi meno sole.

Il web migliora perché è migliorata la mano che sta dietro ad esso, la macchina mostra tutte le sue potenzialità perché è migliorato il conducente, ed allora da questa situazione di emergenza si capisce che essa può diventare occasione di crescita per ognuno di noi.

Anche le tante persone che hanno sempre mostrato insofferenza verso il nostro sistema penitenziario, spesso giudicato troppo blando perché consente a chi ha sbagliato di essere rieducato mostrano, nei tanti dibattiti “tra balconi”, segni di cedimento, segni di apertura, ora che tutti stiamo vivendo una situazione di reclusione forzata, ora che tutti rischiamo di diventare dei fuorilegge se trasgrediamo alle giuste regole che sono state imposte.

Ed allora ecco che forse chi ha sbagliato, in fondo se è pentito è giusto che possa avere una chance, perché forse quella chance è quella che merita tutta l’umanità che ora è reclusa.

Per tanto tempo mi sono chiesta se lo scenario descritto possa interessare il criminologo poiché trattandosi di una calamità apparentemente naturale potrebbe solo sfiorare tale ambito di indagine: la risposta che mi sono data, tuttavia, è positiva perché anche il criminologo sta assistendo ad un accadimento irripetibile ovvero la rinascita di una società dalle sue ceneri, pertanto come tutti attendo la fine del film, sperando ovviamente nell’happy end e magari, perché no, nell’Oscar.